Educazione cinofila e relazione con il caneCani e società

Rappresentazioni mentali e problemi di detour negli animali  e nel cane

Che fine hai fatto?

Si trovano su internet una serie di video in cui alcuni simpatici proprietari inscenano uno scherzo al proprio cane.

Posizionandosi di fronte all’animale che li guarda, vicini ad un oggetto o un luogo dove potranno prontamente nascondersi, alzano davanti a sé un telo che li copra totalmente come un sipario.

Improvvisamente lasciano cadere il telo e, mentre questo cade, con gesti atletici effettivamente degni di nota si precipitano dietro oggetti o barriere che possano nasconderli (una porta, un divano, una parete).

Il cane, spettatore di questa scomparsa improvvisa, rimane dapprima basito (il mio amico é scomparso!) poi ci riflette su (aspetta, NON PUÒ essere scomparso…) dopodiché mette in moto diverse risposte; molto spesso CERCA usando la vista, a volte si aiuta con una traccia olfattiva, adottando insomma diverse possibili strategie in parte innate in parte frutto della sua esperienza:

il proprietario sarà sicuramente dietro la porta, dietro il divano, qui da qualche parte, ci deve pur essere!

Il problema a cui l’animale cerca di rispondere è quello della “rappresentazione mentale degli oggetti occlusi”. 

Un oggetto c’è, esiste, lo posso vedere e lo posso toccare ma il momento dopo scompare. Il cane sembra sapere che se un oggetto scompare non può essersi smaterializzato e deve essere lì da qualche parte:

lo sa perché l’esperienza glielo ha insegnato, o c’è un qualche substrato di tipo cognitivo che é già predisposto per farlo arrivare a quella conclusione?

Per scoprirne di più gli scienziati hanno strutturato degli esperimenti sui neonati umani ma anche su altre specie, come per esempio le galline.

Se si mostra ad un neonato di due mesi un oggetto, mettiamo un piccolo pupazzo, poi lo si copre con un altro oggetto, mettiamo un libro, e nel frattempo si rimuove il pupazzo senza che il neonato se ne accorga perché nascosto dal libro, il neonato mostra di guardare molto più a lungo la situazione “fisicamente impossibile” rispetto al controllo (per una spiegazione più accurata vedasi bibliografia).

Sembra proprio che il neonato sia in grado di rappresentarsi mentalmente un oggetto occluso.

E se volessimo fare un salto di specie, per controllare se i piccoli di uccello per esempio i pulcini di gallina, possono far altrettanto? 

Beh, qualcuno lo ha fatto. Mettendo un pulcino in un ambiente chiuso da dove può vedere tramite una finestrella un oggetto che vuole raggiungere come un fantoccio che per lui rappresenta la madre (imprinting), si può vedere che il piccolo cercherà di aggirare le pareti del luogo in cui é chiuso per riunirsi alla madre fantoccio, anche se lungo il percorso questa non é più visibile.

Questo esperimento ci suggerisce che anche i piccoli di pulcino abbiano rappresentazioni mentali di oggetti, ma anche che i piccoli sanno risolvere problemi di aggiramento di ostacoli (detour). Sembra che anche i ragni possano farlo, se non altro alcuni (salticidi).

A proposito di problemi di detour e di rappresentazioni mentali, questo é un po’ ciò che mi viene in mente ogni volta che mi capita di essere momentaneamente separata dal mio cane da una barriera, barriera facilmente aggirabile, che si interponga appunto, tra me e il cane, e che gli impedisce di vedermi.

Per intenderci; siete in passeggiata, il cane si allontana da voi per camminarvi parallelo ma fuori dal sentiero, poco più in là.

Mettiamo che improvvisamente si interponga tra voi una staccionata, un albero, un fitto cespuglio, un fossetto.

Come affronterà il problema il vostro cane?

Per quel che ho potuto constatare personalmente, se si tratta di un cane con poca esperienza di tipo pratico e/o cognitivo tenderà ad andare più o meno in agitazione e perdendo lucidità, adottando il percorso più breve tra voi e lui ovvero generalmente una linea retta: tenterà di infilarsi nei fitti cespugli, di scavalcare la staccionata, di attraversare il fosso.

Se invece si tratta di un cane più riflessivo e fiducioso, magari abituato a fare riferimento a voi, e se la barriera glielo permette, vi guarderà in attesa di una vostra indicazione sul da farsi; vi basterà dare una indicazione direzionale per fargli aggirare la barriera e il suo intuito metterà insieme i “dati” per risolvere il problema di detour.

Se, infine, si tratta di un animale molto indipendente e abituato a risolvere compiti di tipo cognitivo, e se magari non vi vede del tutto, alla peggio aggirerà l’ostacolo andando per tentativi o, alla meglio, tornerà senza esitazione indietro, aggirerà la barriera, e tornerà da voi come se niente fosse successo.

In effetti, studi piuttosto recenti di detouring sui cani hanno mostrato che la soluzione a questo tipo di problema non é così immediata: senza che nessuno possa dargli indicazioni, ma solo supporto morale e incentivazione (durante le prove, i proprietari rimanevano con il loro cane) il cane mediamente risolve il compito di detour tramite l’esperienza acquisita per tentativi (trial and error) peraltro con scarsa capacità di generalizzazione.

Interessante notare che, a quanto sembra, i compiti di detour sono più facili per il cane se si trova a dover uscire da un luogo chiuso piuttosto che se ci deve entrare.

Non stupisce invece che, in quanto animale sociale, abbia performance migliori se aiutato da un demonstrator (canino o umano) che, appunto, percorre prima di lui il percorso di detour (“ti faccio vedere come si fa”).

Il cane, quindi, non é forse abilissimo nei compiti di detour ma ha sicuramente un’arma in più rispetto ad altri animali: é capace di migliorare le sue performance osservando qualcun altro più esperto di lui che ha successo nel compito che gli é stato chiesto.

Non é forse lo stesso per i bambini, o per chiunque di noi, quando impara a svolgere un nuovo compito? 

In psicologia, si definisce in effetti zona di sviluppo prossimo la differenza (distanza) tra ciò che l’individuo può apprendere da solo e ciò che può potenzialmente apprendere tramite l’aiuto di qualcuno che abbia competenze maggiori 

(L.Vygotskij).

Seguendo quindi un approccio evolutivo al problema dello sviluppo dell’apprendimento, si può forse dire che le menti di animali diversi ragionano seguendo strade analoghe?

Tramite meccanismi simili che si svolgono in aree cerebrali omologhe?

Verso lo sviluppo di strutture mentali evolutivamente convergenti?

Con soluzioni paragonabili?

Sicuramente la vita coi nostri cani, ma in generale con gli animali, dai più semplici ai più complessi, ci offre quotidianamente numerosi spunti per meravigliarci e stupirci di quanto sia incredibilmente grande la natura, che spesso ha previsto una soluzione a molti problemi di sopravvivenza prima ancora che noi li percepiamo.

Keep watching, 

Articolo di Noemi PattuelliNaturalista specializzato in Etologia

Educatore Cinofilo Etholab

Bibliografia:

Cervello di gallina, visite (guidate) tra etologia e neuroscienze

Giorgio Vallortigara, Bollati Boringhieri

The Social Dog: Behavior and Cognition

Juliane Kaminski, Sarah Marshall-Pescini, Elsevier Science Publishing

Ringraziamenti:

Per la revisione dell’articolo, con disponibilità, passione e celerità

Prof. Marco Vannini, zoologo (Dipartimento biologia evoluzionistica La Specola, Università di Firenze) e scrittore


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Noemi Pattuelli

Sono un'educatrice cinofila e una naturalista specializzata in etologia. Mi sono laureata in Scienze Naturali presso l’Università degli Studi di Firenze seguendo un indirizzo e una specializzazione evoluzionistico/etologica incentrata in particolare sul benessere animale. Negli ultimi anni ho approfondito la tematica dell’etologia del cane e mi sono formata come istruttore cinofilo specializzandomi nella comunicazione sociale del cane. Collaboro con diverse strutture e associazioni cinofile e con centri di recupero per primati e fauna selvatica in Italia e all’estero.

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