Educazione cinofila e relazione con il cane

L’anarchia non è contemplata dal cane

La gerarchia spiegata al mio cane

Di Graziano Gentileschi

Il cane è un animale gerarchico, e questo deriva dall’essere un animale sociale.

Cane e uomo hanno potuto progredire nel tempo tramite un processo chiamato coevoluzione, nel quale due specie complementari sfruttano vicendevolmente le caratteristiche e le abilità dell’altro per ottenere benefici.Una delle caratteristiche che ha permesso questo avvicinamento del cane (inizialmente lupo) all’uomo è stata proprio la compatibilità della struttura sociale, organizzata gerarchicamente, in cui l’animale ha potuto riconoscere l’uomo come occupante il gradino più elevato.

Ma se entrambe le specie sono organizzate a livello sociale in modo gerarchico…

Da dove nascono le incomprensioni e il bisogno di reimpostare spesso le regole che determinano i ruoli?

Probabilmente l’evoluzione della società umana ha fatto sì che talvolta il concetto di gerarchia potesse essere bypassato o messo in dubbio. Si pensi a situazioni sociali di anarchia, ingovernabilità o movimenti che si sono rifatti alla libertà individuale e all’autodeterminazione. 

Nella mente del cane, organizzazioni di questo tipo non sono contemplate

Anzi, ogni volta che un cane viene a trovarsi in una situazione del genere, magari perché il proprietario nega l’esistenza delle gerarchie, ci si trova di fronte a una struttura organizzativa vista in modo diametralmente opposto da cane e umano: il secondo probabilmente si comporterà in modo “paritario” col proprio animale, credendosi nel giusto per via delle attenzioni e dei privilegi concessi in funzione di una visione moralmente corretta, ma da un punto di vista umano. Di contro, il cane trarrà sì vantaggio da tutto ciò che il proprietario gli concede, ma un vantaggio gerarchico, spesso nemmeno desiderato.

Il cane non possiede il concetto di “uguaglianza sociale”, sentendo il bisogno di posizionarsi a un livello ben preciso della scala gerarchica.

Nella coevoluzione di cui si parlava in precedenza, il cane ha imparato a posizionarsi al di sotto dell’uomo.

Nel momento in cui l’umano nega questa possibilità, cercando di eliminare la gerarchia, il cane torna automaticamente a dover completare al meglio la scala sociale. In mancanza di un leader che rivendichi il gradino più alto, si sentirà obbligato a occupare il posto di comando, addossandosi delle responsabilità.

Nonostante i dilemmi morali e le fantasiose interpretazioni degli atteggiamenti del cane da parte degli umani, l’animale continuerà ad avere una visione estremamente gerarchica della propria organizzazione sociale, non beneficiando dei presunti privilegi concessi dal proprietario, ma facendosene carico.

Talvolta, in esemplari particolarmente intraprendenti o in periodi particolari della vita come l’adolescenza, il cane può mettere in discussione i livelli gerarchici, in conformità con quanto succede in natura: arrivati a una determinata età i cuccioli devono stabilire delle gerarchie che influiranno sui rapporti sociali futuri. Tuttavia la gestione del branco misto è differente, ovvero quando il cane si trova in un periodo della vita in cui si chiede se visto il cambio di età le regole siano cambiate, alla risposta negativa del proprietario seguirà uno stato di benessere dato dalla consapevolezza di non avere nessuna responsabilità.

In casi piuttosto rari è possibile riscontrare una situazione anomala in cui nonostante i proprietari siano privi di qualsiasi leadership, non si notano apparenti problemi tra cane e umano. Questo è il caso in cui i proprietari mantengono un comportamento estremamente servile verso un cane molto equilibrato e sicuro di sé.

Nonostante non si notino particolari problemi a una prima analisi, si deve considerare una situazione del genere al pari di una bomba pronta a esplodere. Un cane in questa situazione non avrà motivo di dimostrarsi problematico fintanto che il livello gerarchico dei proprietari resterà effettivamente molto basso. Può però bastare una minima richiesta percepita come eccessiva dal cane (per esempio scendere dal divano) per innescare una reazione volta a ristabilire l’ordine (con azioni come ringhio o morso).

Nel processo di coevoluzione il cane si è posizionato su un gradino inferiore rispetto all’uomo per convenienza.

La convenienza di questa scelta è massima, poiché libera il cane da qualunque tipo di responsabilità verso l’uomo. Assecondare questa scelta e farsi carico delle responsabilità che ne derivano significa ottenere il massimo dal rapporto tra cane e umano, cioè il massimo dal rapporto di evoluzione condivisa delle due specie. Ne consegue che mettervisi contro porterebbe a conseguenze innaturali e imprevedibili. Il sodalizio tra cane e uomo è frutto di prove e selezioni durate millenni, e i caratteri che da esso scaturiscono non possono essere reinterpretati o modificati secondo la moda etica o morale del momento.

La gestione delle gerarchie fa in modo che sia uomo che cane possano sfruttare al massimo il rapporto che si è instaurato tra le due specie.

L’errata interpretazione dei ruoli sociali può al contrario far pensare al cane che dopotutto l’uomo è stato solamente lo strumento più semplice trovato in natura per procurarsi del cibo, e che basta un bastoncino in un prato per scordarsi di migliaia di anni di cooperazione. 

Tra le due opzioni, sembrerebbe dunque più utile assecondare ciò che gli antenati delle nostre due specie hanno creato insieme, continuando a rafforzare il legame tra cane e uomo secondo una logica e un linguaggio condiviso, e non al contrario imponendo una parità dei ruoli reale e realizzabile solo da un punto di vista umano e anche un po’ egoista. 

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