Benessere del caneLa rubrica dedicata all'alimentazione del cane

Cibo e alimentazione nella relazione con il nostro cane.

“Aggiungi un posto a tavola”

Qualche tempo fa mi trovavo nel viterbese per una consulenza.
Una giornata deliziosa per una consulenza altrettanto deliziosa: una coppia di anziani e la loro cagnolina, da poco adottata, già serenamente parte della famiglia.
Arrivata l’ora di pranzo la signora,  un po’ claudicante, si dirige in cucina e mi invita a seguirla.


“Sa’ dottore’, io pozz’ pure aspetta’ pe’ mangia’, ma lei no…è come le creature…venga che mi fa compagnia e magari si ferma con noi!”
Una frase che in sé raccoglieva anni di ecoetologia, antropologia, sociologia e la signora l’aveva espressa così, con tutta la naturalezza del mondo.

Impossibile rifiutare.

Così ci siamo spostati tutti in cucina e abbiamo preparato il pranzo per tutti, con lo sguardo estasiato della cagnolina che ci guardava dalla sua cesta e ogni tanto usciva per ripulire le bricioline cadute.
Tutti insieme. 


In quel momento ho pensato a quei cani che aspettano una razione di cibo che, per qualche oscura ragione, deve essere assunta in modo “gerarchico” o “come premio”.


Insomma il cibo come ricatto sociale o punizione (o rinforzo).


<<Il cane mangia solo dopo di noi!!!>> <<Il cane mangia solo se ha fatto qualcosa per noi>>
(queste frasi me le immagino sempre con la voce di “ricordati che devi morire!”)


Sarebbe utile cominciare a ricordare qual è il significato dell’alimentazione e dell’alimentarsi, di conseguenza del cibo: quello di sopravvivere.


Il cibo è una risorsa primaria, necessaria ad un bisogno fisiologico di base, una necessità per la vita stessa.

Anche in questo caso nelle derive cinofile e non solo, il rituale dell’alimentazione è stato destrutturato, sminuzzato e ricostruito a piacimento, senza tenere conto del rispetto dell’animale e dei suoi bisogni ed il cibo formalizzato a strumento: rinforzo o punizione.


In effetti, ad esclusione di soggetti con problemi alimentari o che necessitino di una gestione particolare per difficoltà specifiche, atopiche o comportamentali, il pasto è un momento di SOCIALITA’ e SOCIALIZZAZIONE.


Attorno alla gestione e alla suddivisione\condivisione delle risorse ruota quello che viene definito “modello relazionale”, una sorta di algoritmo (prendiamoci la licenza poetica da De Waal) che analizza e prospetta le possibili dinamiche relazionali che possano verificarsi in presenza di risorse. Secondo il modello le risposte sono: tolleranza, evitamento, aggressione, pacificazione, riconciliazione.


Per provare a semplificare questa dinamica, in un gruppo sociale, la risorsa cibo è sicuramente importante, ma a seconda di come sarà strutturata la nostra relazione vivremo diversamente la condizione del rituale del pasto.
Ad esempio in famiglia si mangia e ci si comporta  in un modo, ma ad un buffet in un altro…



Occorre ricordare, anche se non sarebbe necessario, che i cani non sono lupi o comunque selvatici che debbano procacciarsi il cibo, con tutto  quello che ne consegue, ma che comunque condividono il cibo e le risorse sia in gruppi intra che inter specifici.
I cani sono una specie coevoluta all’uomo anche e proprio in funzione della possibilità di condividere i pasti (che siano cucinati, avanzi o immondizia).
Inoltre questi instaurano con noi una relazione di “dipendenza” sociale oltre che affettivo-relazionale, come dicevamo protocooperazione\cooperazione declinata in maniera diversa dalla “semplice” domesticazione; questo porta i cani a non avere una completa autonomia decisionale sull’alimento e l’alimentarsi, nemmeno lasciando la ciotola a marcire per giorni a terra.
Si tratta di una vera e propria ambiguità sul legame di attaccamento e lo sviluppo dell’autonomia e dell’individuo “cane adulto”.


Il che ci porta in effetti di nuovo al principio: il pasto è un momento di forte costruzione relazionale, di accreditamento, di vita:

<<Se non sono in grado di procurarmi il cibo  instaurerò con il mio care giver una relazione di dipendenza.>>

 Questo può avvenire in maniera cooperativa e pacifica, come la cagnolina che quel giorno mangiò e ci “aiutò” con il pranzo, o può essere vissuto in maniera conflittuale e competitiva, nel momento in cui il cibo è usato come ricatto, scacco, punizione e dove  il cane non può collaborare alla “preparazione”, viene disturbato o per ottenerlo deve sempre qualcosa.



Come se la sua totale dipendenza da noi non fosse un debito abbastanza grande.

Con questo non voglio dire che il momento del pasto si debba trasformare in  un baccanale con trombette e spaghetti che pendono dal soffitto.

  • Un cane può imparare ad aspettare
  • Può imparare a non rubare cibo da tavola
  • Può imparare a non chiedere

come non ringhiare, ad ogni piè sospinto.

Può imparare secondo quello che gli insegnamo noi.
Non è dovuto, non è innato.



In ultimo, una piccola riflessione.


In questi anni di professione ho visto tanti tanti pazienti con disturbi dell’alimentazione e del comportamento alimentare.

Non solo in ottica asse intestino-cervello (ossia l’interconnessione neurochimica tra intestino e sistema nervoso centrale) ma proprio con problematiche di ansia e conflitto relazionale sul cibo e con il cibo perché:

  • Perché il cibo era stato usato come ricatto
  • I pasti erano continuamente disturbati
  • I proprietari erano ansiosi se il proprio cane non mangiava con diverse derive, dall’imboccare il cane, al tenerlo digiuno per giorni
  • Si ostinavano a dare cibo non gradito “perché sì”
  • Attuavano l’isolamento sociale 
  • Usavano il cibo come vicariante di altri bisogni, facendo diventare degli ippopotami i propri animali



Insomma, dovremmo ricordarci che il cibo e il momento del pasto sono una parte fondamentale delle relazioni, di tutte le relazioni.

Conoscere e comprendere se e come “gestire” ed educare il nostro cane durante i pasti è una parte importante della relazione, se sentite di avere difficoltà in questo, affidatevi a dei professionisti.


Nulla è dovuto, nulla è scontato e se il vostro cane mangerà con voi sarà probabilmente più contento e appagato. Potreste scegliere di essere un care giver attento e scrupoloso o un carceriere volubile.


Magari potreste provare con l’esercizio: “E se domani mi svegliassi cane?

Chiara Boncompagni

Chiara Boncompagni, è medico veterinario esperto in comportamento animale e negli IAA FNOVI . E’ laureata in medicina veterinaria all’Università degli Studi di Perugia e in etologia presso l’Università degli Studi di Torino. Ha conseguito il master in medicina comportamentale presso l'Università degli Studi di Parma. È educatore cinofilo e Istruttore cinofilo riabilitatore, coadiutore del cane negli Interventi assistiti dall'animale. Ha contribuito alla stesura del libro “Legàmi”, che tratta della relazione uomo-animale, a cura della psicologa Giulia Simonetti ed è docente di diversi corsi per educatori ed istruttori cinofili e per i proprietari di animali.

Chiara Boncompagni ha 9 articoli e più. Guarda tutti gli articoli di Chiara Boncompagni