Educazione cinofila e relazione con il cane

Cani e modello cognitivo relazionale: di cosa si tratta?

Cos’è, Come Nasce e Cosa Propone e Promuove.

di Attilio Miconi

Modello Cognitivo Relazionale e L’Approccio Multidisciplinare finalizzato al processo di cura e prendersi cure del cane.

Attilio Miconi – tra i pionieri del modello cognitivo relazionale in Italia

Se ne sente spesso parlare (spesso a sproposito), ma che cos’è?

In questo articolo spiego di cosa si tratta, essendo un argomento a me molto caro, se non altro perché sono stato tra i primi a proporlo.

Dico tra i primi perché non vorrei sembrare presuntuoso autoproclamandomi il pioniere di questo modello.

Si tratta di un approccio alla patologia del cane che sposta l’idea dal semplice concetto di cura, come unico rimedio alle malattie del comportamento, al pensiero più articolato che prevede come per curare al meglio sia necessario anche sapersi prendere cura del cane con disturbi del comportamento.

Ma non solo del cane, poiché è necessario saper sostenere anche tutta la famiglia umana che compone il nucleo sociale dove l’animale è inserito.

I proprietari così, seguiti dall’Istruttore Cinofilo Riabilitatore, potranno intercettare i punti di forza e di vulnerabilità del cane e anche i loro, in relazione al disagio che vivono, e saper essere, di fatto, loro stessi co-terapeuti della riabilitazione.

L’approccio multidisciplinare alla patologia del cane, realizzato attraverso il modello cognitivo relazionale, nasce tra i 2010 e il 2012 e si basa sulla cooperazione tra due o più figure professionali: Istruttore Cinofilo Riabilitatore formato secondo questo modello e Medico Veterinario Comportamentalista.

In casi estremamente particolari i primi due si possono avvalere anche di altre figure, da mettere in campo utilizzando le loro specifiche competenze, ma tutte, ben inteso, formate per saper cooperare in modo sinergico e sistemico all’unisono.

Saper creare e formulare un progetto riabilitativo per il cane

L’obiettivo che si prefigge l’intervento basato su tale modello, consiste nel saper creare e formulare un progetto riabilitativo per il cane in grado di soddisfare le necessità del singolo, coinvolgendo tutto il nucleo famigliare dove il paziente, il cane, è chiamato a vivere il proprio disagio.

Gli esercizi o le attività, strutturate su basi comuni per tutti i cani, vengono ridefinite in aree di intervento, calibrate sul sistema coinvolto e personalizzate in base alle reali possibilità di essere accolte, ascoltate e sostenute: non solo dal cane, ma anche dai proprietari, accompagnati nel progetto dall’intera équipe.

È nel 2012, che dopo anni di lavoro sul campo, cooperando con molti Medici Veterinari Comportamentalisti e molti seminari a loro fatti, che vengo chiamato a fondare la prima scuola di formazione in Italia per Istruttori Riabilitatori, della quale, con grande soddisfazione, divento il Direttore del Primo Corso.

Una serie di circostanze, mi hanno presto allontanato da quell’esperienza.

Ma dopo una breve pausa, da due anni il progetto iniziale è ripartito con il mio marchio “Cognitive Relational Apprenticeship” in partnership con il Centro di Formazione Cinofila “Tambra asd”, nello specifico con la collega e amica DMVC Federica Manunta, che apprezzandone lei stessa i risultati sul campo, è diventata prima sostenitrice e oggi parte integrante, per la realizzazione del progetto formativo stesso.

Il modello sopra descritto, almeno come da me pensato, e da noi oggi proposto, si basa sul

riconoscimento del contributo reale e leale di ogni figura professionale che entra ad operare nel benessere del cane.

I ruoli di ogni protagonista, per il successo terapeutico, sono definiti e si compenetrano tra loro.Sono esclusi, poiché ritenuti obsoleti e disfunzionali, concetti come l’autoreferenza del singolo professionista, o l’arrogarsi titoli di merito per primeggiare sull’altro.

Noi, rispettando la specificità dei ruoli che ci impone la nostra professione, ci chiamiamo tutti “collega”, perché siamo una squadra al servizio del cane in disagio e della famiglia che ci chiama per farsi sostenere.

Semplicemente “noi” siamo professionisti che conoscono e riconoscono la professione dell’altro, ma anche convinti delle competenze da mettere in campo singolarmente e senza interferenze, rimanendo saldi nello svolgere il nostro ruolo operativo con umiltà, professionalità e soprattutto nel rispetto e stima del lavoro altrui.

Pertanto, quando parlo di cooperazione e approccio sistemico relazionale, ritengo che lo stesso non possa essere compatibile con assimori formativi, che minano il concetto stesso di interdisciplinarietà.

Come:– dipendenza (una figura prevarica le competenze dell’altro); – subordinato (una figura definisce l’operato dell’altro);– subalterno (una figura si sostituisce all’operato dell’altro);– inferiore (una figura decide e l’altra esegue);– vassallo (nella cooperazione non ci sono inservienti).Ancora oggi, dopo sette anni e i necessari aggiustamenti, il modello multidisciplinare si dimostra essere l’approccio vincente alla cura del disagio del cane, in continua evoluzione ed emancipazione rispetto al pregresso, e capace di entrare anche in soccorso ai famigliari umani che vivono la condizione di malessere insieme al proprio animale.

L’approccio multidisciplinare è in grado di offrire grandi soddisfazioni ai singoli professionisti e un indiscusso vantaggio anche all’ottimizzazione dei risultati impliciti nella loro professione.

Chi ha compreso e recepito appieno questo approccio alla riabilitazione del cane, basato sulla REALE cooperazione, conosce bene il significato di rispetto e fiducia tra le competenze messe in campo dai singoli professionisti, e valuta con mano il vantaggio di un sostanziale miglioramento della percentuale di successo nella cura del cane.

L’approccio cognitivo relazionale si è dimostrato un modello capace di sovvertire le regole comuni dei singoli professionisti, poiché in grado di creare i presupposti di integrazione interdisciplinare, dove i valori del singolo, accanto ad un altro professionista con competenze diverse, possono fare la differenza, tra “curare” e “prendersi cura del cane e dei famigliari umani, per curare”.

Il mio pensiero e la nostra scuola di formazione si basa sulle radici che esprimono la loro linfa, affermando che:

“Due professionisti che cooperano legati tra loro e, portatori di due pensieri professionali distinti, sono capaci di dar vita a un terzo punto di osservazione della malattia del cane. “

Il punto di forza dell’approccio multidisciplinare che segue il modello cognitivo relazionale è allora proprio questo:

il risultato di 1+1=3

Attilio Miconi

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