Project Abruzzi: la fotografia che racconta di cani e pastori d'Abruzzo
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Project Abruzzi: la fotografia che racconta di cani e pastori d’Abruzzo

In un dato momento, nel pieno della raccolta dati, dopo due anni di idee, di strutture, impostazioni, ci è stato chiesto di descrivere questo progetto.

Testo di Alessandro Junior
Foto di Francesco Lo Russo

Project Abruzzi
Foto di Francesco LoRusso – Project Abruzzi

Ovunque siamo, vaganti tra le colline teramane, i massicci aquilani o i dolci pendici della grande madre, cerchiamo immagini e parole colorate che possano descrivere odori, percezioni, vibrazioni.

Nei molteplici contesti che viviamo, quando si fa riferimento alle nostre montagne o ai nostri cani, ci viene chiesto di raccontare il nostro sguardo e non conosciamo modo diverso di iniziare a rendervi partecipi dalle nostre realtà rurali, delle nostre origini pastorali se non attraverso la descrizione delle motivazioni del cane bianco da pecora.

L’Abruzzo nasce dalla pastorizia.

La pastorizia nasce dal guardiano.

Il guardiano viene forgiato dal predatore.

Il predatore nasce dal territorio.

Il territorio viene plasmato dall’uomo.

Project Abruzzi è la fotografia del momento, del qui e ora, della pastorizia in Abruzzo attraverso il suo cane. 

Tre realtà pastorali diverse tra loro, tre idee diverse, tre aziende diverse, tre greggi diversi, tre selezioni diverse per uno stesso cane. 

Ogni alba è ogni tramonto per ogni giorno di ogni stagione con il fine ultimo di riportarvi le sfumature emozionali, della nostra terra, dei nostri avi, in un sogno che prende vita ad ogni fotogramma, ad ogni parola, sin dalla nostra infanzia…

Il freddo avvolge con una coltre di silenzio il paesaggio illuminato solo dall’opalescente luce di una luna di dicembre. 

La sedia di legno e paglia finemente intrecciata scricchiola sull’ abbandonarsi di una schiena stanca riscaldata dal focolare. 

Il battito che rallenta, respira, bussa sul petto, si prepara a rievocare le immagini della giornata appena vissuta ed esplodono gli odori. 

Di tutti i sensi è quello più malinconico.

Quello che più facilmente riporta a quando eravamo bambini e correndo lungo il corridoio dei casolari dei nonni, ci invadeva quell’odore di stufa su cui andavano bucce di arancia, il pasto che si teneva al caldo, la biancheria che asciugava, il profumo dei saponi che nonna usava per i capelli prima di raccoglierli.

La corsa al contrario attraverso la porta che ci precipitava sulla neve, le mani infreddolite, l’acre odore di un cane bianco, alto almeno quanto noi che ci faceva da cuscino nei giacigli nelle stallette.

Gli occhi neri, lo sguardo dolce che ricordiamo solo noi, il pelo irto che si incastrava sempre con le chiusure dei giubbetti sporchi.

I due agnellini che giocavano, il maiale distante che grugniva al primo rumore avvertito.

La nostra regione, la nostra storia, le origini, le nostre radici vivono negli odori che abbiamo vissuto da bambini…

…alcuni di quegli odori solo pochi fortunati possono sentirli spesso…

…alcuni vivono in posti precisi solo per tornare la sera da quegli odori…

…alcuni li vivono un fine settimana la volta quando tornano al paesino…

…alcuni hanno legato più odori e cercano attraverso altri di richiamarli…

…alcuni piangono di notte cercando il proprio odore nella maglietta, cercando la propria anima…

…tutti li viviamo in quell’odore acre di manto bagnato di cane bianco.

Come spiegare cos’è per noi il nostro cane a chi non conosce quell’odoreSEGUI PROJECT ABRUZZI SU FACEBOOK

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