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Cosa significa libertà per il segugio e quando posso lasciarlo andare?

Ogni razza ha il suo dilemma, e quello del segugio è la possibilità, o la legittimità, o l’opportunità di scioglierlo.

“Con un filo d’oro/ lo vorrei a me legare/ poi per prova d’amore/ lo vorrei per sempre liberare”.

In questa breve poesia è racchiuso tutto il dilemma.

Quali sono le regole per vivere con un segugio?

Diciamo subito che non ci sono regole, che le regole invecchiano da contesto a contesto e hanno l’incognita invalicabile di dovere essere incarnate.

Ogni conduttore decide le sue modalità, connesse alla situazione realistica di dove vive, di cosa ritiene opportuno e soprattutto delle caratteristiche venatorie del cane che ha al guinzaglio.

Perché, in primo luogo, i segugi non sono tutti uguali rispetto alle loro capacità di passione e di espressione venatoria.

Alcuni godono della libertà come qualunque cane atletico e sportivo di altra razza, e questi rendono facile la gestione di momenti senza guinzaglio.

Altri… sono profondamente segugi, e quindi essere sciolti per loro significa cacciare, braccare, scovare, inseguire, divorare l’orizzonte con la prima sciolta.

Qui, ovviamente, le cose … sono diverse.

Ma, dicevamo – dove sciogliere? 

In un ambiente che conosciamo.

Noi, in primo luogo. La conoscenza del territorio è fondamentale per non ficcarci fino al collo nel pericolo.

Regolarmente, il segugio allunga. 

Lo fa per codice genetico: cerca una selvaggina che difficilmente si trova nei pressi del conduttore. E poi, insegue. Non cinquecento metri: se è un abile inseguitore, due colline e due valli, magari.

Dobbiamo conoscere l’ambiente che attraverserà il nostro segugio?

Dobbiamo sapere quali strade solcano la zona dove lo lasciamo, se ci sono cani da guardiania, se ci sono rischi di qualche tipo, ad esempio i bocconi avvelenati che i tartufai talvolta disseminano nelle loro faide senza senso.

Dobbiamo conoscere i selvatici che lo popolano. Se siamo in zona di bosco e campi, il capriolo è capace di portarsi via il nostro segugio in rincorse di ore. Ogni territorio ha la sua situazione.

Esistono rischi concreti con l’incontro di altri selvatici?

Da noi, la pressione del lupo ha reso i cinghiali particolarmente aggressivi con ogni canide: un segugio sprovveduto che entra in pieno branco, lungi dall’attaccare, verrà attaccato, con grave rischio: ‘dopo il cinghiale il medico, dopo il cervo la bara’, scriveva un trattatista del Seicento, ma è un assioma che non vogliamo verificare.

E i branchi di lupo hanno una personale cultura, zona per zona: da noi si sono verificati sono due attacchi a cani particolarmente piccoli da far scattare un predatorio indiscriminato, ma solo venti minuti in più verso Volterra gli assalti del lupo ai cani da caccia sono giornalieri, e quando il cane non torna il proprietario impallidisce…

Il territorio è un testo scritto da conoscere. La competenza è quel tipo di sicurezza che un GPS non può dare.

A proposito di gps…

Il GPS è ovviamente un salvavita, perché dice dove si trova il cane, ma non lo protegge dal pericolo, e neppure lo blocca nel disturbo che il cane stesso potrebbe dare. Sciolto, il segugio va predando.

Conoscere il territorio e i selvatici, e i momenti sintomatici della loro vita,  evita gli inconvenienti di lanciare un cane alle calcagna di ungulati gravidi, di farlo entrare nei rendez vous dei cuccioli di lupo, di decretare la morte di giovani caprioli nascosti nei campi, di decimare i leprotti delle ultime covate.

E dopo la conoscenza dell’ambiente, e non dopo per importanza, è il nostro cane a dover essere conosciuto.

Parliamo – nuovamente – del richiamo? Cosa significa richiamo per un segugio

Rientra al richiamo?

Rientra al richiamo in condizioni di forte emozione, come la vista del selvatico?

Sa ritrovarvi, con quel guinzaglio invisibile che è commovente  caratteristica di molti segugi?

Se sì, in zone e tempi adeguati, la libertà è bellissima da concedere.

Se, onestamente, no, ci sono alternative.

I recinti di addestramento, che conferiscono la doppia sicurezza della zona cintata e la garanzia di non essere popolati da animali pericolosi. I nostri cani sono compiutamente se stessi, imparano nuove competenze, si lanciano nella loro caccia, e finalmente noi rimaniamo relativamente tranquilli.

Possiamo lavorare sul richiamo.

Possiamo osservarli e capirne le loro caratteristiche e verificare quanto siano loro a cercarci, come lavorano, qual è il loro ruolo di specialisti.

Recinti e trekking alla longa possono essere una formula felice, perché no. Con i cani dobbiamo sempre essere onesti, e rispettosi.

Se questa è la nostra formula di felicità, perché non dovrebbe essere la loro?

Rispetta la loro memoria di razza e il loro diritto di misurarsi e di imparare chi sono, e questo è l’essenziale.

Come, invece, può essere perfetta la passeggiata in libertà con il proprio segugio sciolto, se lui è l’individuo che vi permette di godervela senza rischi né corsi né inflitti.

Ognuno di noi conosce il giusto segreto.

Con coerenza e coraggio, tutto è possibile.   

Susanna Pietrosanti

Susanna Pietrosanti , dottore di ricerca in storia della caccia in Toscana, é autrice di vari saggi sulla caccia in Italia e in Europa. Ha collaborato con la rivista ufficiale della SIPS, Società Italiana Pro Segugio. Ama i segugi e divide il bosco e la vita con loro da sempre.

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