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Freddy va in pensione. La meraviglia di un binomio comune

Di Stefania Boeri

“Freddy si meriterebbe un articolo per la pensione” e subito penso che sia un’idea molto carina, poi scopro che lo devo scrivere io e la mia testa vira sul “ma figurati se una cosa così la legge qualcuno”, più che altro perché non ho la minima idea sul cosa scrivere.

E invece eccomi qui, cercando di capire da dove partire.

Dalla pensione sua?

Perché io la mia non non la vedrò mai.

O dall’inizio?

Quello in cui, scoprendo di avere un Border Collie e non un meticcio mi ritrovai a pensare “e ora che ci faccio?”.

Non fate quell’espressione, Freddy arriva da una famiglia che non lo voleva più, che sì mi disse che era un Border Collie preso da una cascina, ma per me all’epoca i Border erano solo quelli neri con una striscia bianca nel mezzo (Infostrada docet), mentre lui era un pirata, col muso metà bianco e metà nero, quindi nella mia ignoranza restava un meticcio.

Ma tanto poco mi importava, volevo un cane abbastanza giovane da poterlo abituare ai gatti e lui era lì, con quel suo sguardo dolce (rivelatosi poi da paraculo) e una gioia immensa di vivere.

Quindi, Border Collie o imitazione, me lo portai a casa.

Ecco, il mio “e ora che ci faccio” nasce proprio dallo scoprire quale diavolo mi fossi messa in casa.

Girando qua e là alla ricerca di un centro cinofilo dove fare un corso base per avere un cane educato, scoprii che sì era un cane, ma uno di quelli che non è esclusivamente da divano, perché lui dal divano ti butta giù e, se fai finta di non capire, te lo fa capire lui non facendotelo più trovare intero al tuo ritorno dal lavoro.

Divano distrutto? Non ti ci puoi sedere, quindi ora prendi e andiamo a fare qualcosa!


In realtà Freddy non ha mai distrutto niente ad eccezione di un paio di gambe di un tavolino, che, a suo gusto, erano dei masticativi perfetti.

Ma se non ha mai fatto più di questo è perché ho capito da subito che ferma non potevo starci. 

Avevo visto tutte quelle cose colorate da saltare o su cui salire, tubi lunghi o corti, dritti o curvi, con tutti quei cani che correvano e sembrava si divertissero.

Mi dissero che quella era Agility.

Un po’ come sopra, “chi se ne frega del nome, proviamo a farla!”

Fu così che scoprii un mondo fatto di esperienze da vivere col proprio cane che non fossero solo la classica passeggiata.

Perdonatemi, ho un certa età, per cui fino ad allora nella mia famiglia i cani erano “solo” cani da casa e nient’altro.

Per farla breve, mi ritrovai in un campo con tutti quegli ostacoli, io che cercavo di stare dietro a un Freddy che correva manco fosse Bolt e, visto che ero sempre in ritardo e che le pizzicate alle mie chiappe per spronarmi non erano consentite, spesso si ergeva a direttore prendendo decisioni in autonomia.

In realtà questa cosa non gli è mai passata del tutto, perché ha una parte anarchica che ha sempre coltivato con una certa solerzia e di cui va molto fiero, tant’è che le gare in cui alla fine lo si vedeva più felice erano sempre quelle dove aveva potuto prendere un po’ le redini.

E io lì che non sapevo se ridere o arrabbiarmi.

Perché io e Freddy siamo un binomio comune, di quelli che in settimana hanno un lavoro del tutto normale, che il campo di agility lo frequentano come i ragazzi il calcetto, per un allenamento a settimana o per mangiate e bevute coi compagni di squadra.

Non lo facciamo per lavoro né ad alti livelli.

Io e Freddy siamo un binomio comune che tramite questa disciplina ha rafforzato il proprio rapporto, ha imparato a conoscersi, che ha avuto la possibilità di arrabbiarsi l’uno con l’altro.

Una disciplina in cui io ho rischiato ginocchio e osso sacro, ma con la quale ci siamo divertiti e io ho anche riso moltissimo.

Cosa c’entrano le risate?

Provate a pensare di aver insegnato il tricks dell’8 sotto le gambe al vostro cane, poco tempo dopo andate in gara e nel percorso ci sono due tubi uno dietro l’altro. Voi arrivate alla fine del primo tubo naturalmente in ritardo e quindi messi male, il cane esce dal tubo, vede le vostre gambe nella posizione del tricks che gli avete insegnato e decide di fare un bell’8 prima di entrare nell’altro tubo…

Oppure state facendo un jumping, a un certo punto non vedete più il cane e alzando un po’ lo sguardo lo ritrovate a fare la vedetta sulla palizzata messa subito fuori dal percorso.

O, grazie alla vostra poca dimestichezza ma tanta energia, alle varie dimostrazioni vi tocca passare sempre dopo binomi super fighi e precisi, e voi vi ritrovate, naturalmente vostro malgrado, a fare la parte del Rodeo Clown.

E sentite gli spettatori che invece di fare Ohhhhh si mettono a ridere e si divertono e pensano “allora lo posso fare anche io”.

Ecco, noi siamo un binomio così. 

Quindi il nostro andare in pensione non cambia di certo la scena nazionale o internazionale dell’agility, ma cambia la nostra.

Cambia che Freddy non farà l’espressione tutta eccitata guardandomi preparare il borsone, io non proverò più l’ansia in partenza cercando di indovinare a quale ostacolo non avrò più fiato e verremo eliminati, non ci divertiremo più a provare passaggi nuovi e io a rimanerne entusiasta e quasi basita quando riescono, che la sveglia non suonerà a un’ora improponibile anche la domenica mattina per andare a qualche gara.

Cambia che guardi il tuo cane e pensi che sono passati più di 10 anni dalla prima entrata in campo, che lui non è più un giovincello (anche se a vedere come gira il suo mononeurone è puramente una questione anagrafica) e ci devi fare un po’ i conti.

Che ora dovrai metterci ancor più testa tu a non fare cose che lo stanchino o che siano troppo.

Che ne dovrai comunque trovarne altre perché, anche se il fisico non è più quello di una volta, la voglia di fare non è cambiata.

Ma in fondo, pensione o no, rimaniamo una squadra, di quelle che si conoscono bene, di quelle che anche se non vai più a giocare a calcetto perché le ginocchia sono diventate un po’ di legno, non smetti comunque di andare al pub a farti una birra.

E, anche se la pensione farà cambiare un po’ le nostre abitudini, certo non eliminerà quell’incrocio di sguardi che il fare qualcosa insieme ci ha permesso di coltivare. 

Buona pensione Amico mio.

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