Educazione cinofila e relazione con il cane

Il ruolo dell’errore nell’apprendimento: un concetto utile anche in cinofilia?

Sul giornale “Il sole 24 ore” del 18 luglio, è stato pubblicato un interessante articolo di Vittorio Pelligra. 

Il discorso principale verteva sul ruolo dell’errore nel processo di apprendimento, di come andrebbe interpretato, vissuto, utilizzato e metabolizzato affinché diventi una spinta e un’esperienza di crescita e consapevolezza 

Man mano che andavo avanti nella lettura mi rendevo conto di quante similitudini esistano con il percorso di apprendimento che impostiamo in ambito cinofilo per la preparazione dei nostri cani.

Inoltre, tra i vari punti trattati nell’articolo, si parlava del confronto tra i termini e concetti “esperienza” e “competenza”.

Non solo interessante ma illuminate! 

Ho subito pensato:

“Finalmente un articolo ben scritto che tratta e chiarisce in modo semplice e diretto il significato di concetti che tutti i giorni un istruttore cerca di passare ai suoi binomi.”

Infatti nel processo di training in campo noi dobbiamo avere ben in mente quali sono i comportamenti che dovremo insegnare al cane, ma non solo.

L’addestramento non si compone di soli esercizi e comandi, esso deve dare soprattutto competenze e noi dobbiamo conoscere quelle che serviranno al nostro cane, in che sequenza le potrà apprendere e con che tipo di esperienze.

Quindi, quando ho ritrovato nell’articolo di Pelligra, definizioni e riferimenti di studiosi ed esperimenti sull’argomento, ho visto l’utilità di riportare questi concetti sul piano di lavoro cinofilo e di approfondire e sviscerare la questione più nel dettaglio.

È da molto tempo infatti che mi trovo a cercare di spiegare e far comprendere uno dei concetti principali nel percorso di apprendimento del nostro cane, ovvero:

cos’è l’errore, perché è importante, come reagire davanti a un errore e come utilizzare lo stesso nel nostro percorso di preparazione. 

E proprio questo articolo mi ha dato lo spunto e dei riferimenti chiari ed evidenti, derivanti da studi ed esperimenti, per approfondire questi concetti e questi aspetti in quello che è il nostro lavoro in campo.

Per affrontare il discorso dobbiamo partire a monte, direi molto a monte, ossia a quelli che sono i retaggi derivanti dalla nostra società, dal nostro modo di vivere con gli altri, di confrontarci, di presentarci.

Nella nostra cultura l’errore ha sempre avuto un’accezione negativa.

Ce lo insegnano già da bambini, fin dalla tenera età, e un ruolo predominante lo ha poi l’età scolare e le esperienze connesse in questa fase, nella vita sociale, nello studio e nello sport.

Quindi, quando affrontiamo una qualunque attività dove ci sia aspettativa o possibilità di critica da parte di terzi, siamo condizionati dalla paura di sbagliare.

Questo approccio mentale lo portiamo anche nel nostro lavoro con il cane. Tutti vorremmo fare sempre il meglio ed essere apprezzati ed elogiati, e questo ci condiziona e ci porta ad avere le stesse aspettative nei confronti del nostro compagno a quattro zampe.

Quello che ho sempre notato, e che continuo a vedere quando osservo un binomio in preparazione, è il tentativo costante del conduttore di portare il cane a fare sempre la cosa giusta, di metterlo in condizione di completare un esercizio, anche se questo significa aiutarlo, guidarlo o togliere i disturbi che potrebbero inficiare sull’esecuzione.

Inoltre l’atteggiamento comune davanti al cane che commette un errore è molto spesso di frustrazione, spesso scaricata sul cane stesso con segnali di disapprovazione o con un cambiamento del nostro modo di porsi e di gestire la sessione di lavoro.

In questo modo l’errore diventa fonte di stress, causa di distrazione e di perdita di concentrazione dall’esercizio che si stava lavorando e si trasforma, da quello che poteva essere un evento singolo trascurabile o modificabile in breve, a peggioramento della prestazione in allenamento.

La prima cosa a cui dobbiamo pensare mentre lavoriamo con il nostro cane è che il cane in quel momento è in fase di apprendimento. E questa è esattamente la parola su cui volevo soffermarmi e il fulcro del discorso.

Perché l’Apprendimento è un processo nel quale un soggetto, attraverso l’esperienza, impara comportamenti e acquisisce competenze. Esperienza fatta di prove, tentativi, successi ed errori.

Ed ecco qui il punto fondamentale: l’errore fa parte del processo di apprendimento.

Non dovrebbe essere nulla di nuovo, un concetto conosciuto, ma ad oggi l’errore viene ancora considerato un evento da evitare, e ancora più spesso, una situazione mal gestita sia a livello emotivo che nella pratica.

Un preparatore sportivo sa che per crescere, bisogna anche trarre il più possibile dagli sbagli.

L’errore non si può sempre evitare, è una fase normale del lavoro in apprendimento, quindi quello che sostengo sempre è un trasformazione di approccio: l’errore deve diventare una risorsa!

Come e come gestirlo lo vediamo di seguito.

Per fare un esempio di quello che si può ottenere a seguito di uno sbaglio o di un fallimento, riporto qui di seguito l’esperimento riportato nell’articolo di Pellagra.

Negli anni novanta dalle psicologhe Dweck e Mueller su 400 bambini in età scolare. Venne loro sottoposto un semplice test, dopo averlo eseguito, metà di loro venne elogiata per la loro intelligenza e i loro risultati, mentre all’altra metà venne riconosciuto lo sforzo e l’impegno e furono spronati a fare meglio. Messi poi difronte alla scelta successiva tra due test, uno più semplice, dello stesso livello del primo, e uno più complesso, si vide come i bambini elogiati per la loro intelligenza scelsero il test più semplice mentre i bambini del secondo gruppo scelsero quello più difficile con la volontà di mettersi alla prova. Questo risultato, che inizialmente fu inaspettato, in realtà va a confermare che bambini sempre elogiati tendono a scegliere lo stesso livello di difficolta per mantenere alta la possibilità di ottenere sempre buoni risultati, mentre gli altri mostrano la volontà di affrontare i problemi e di studiare strategie per superarli. Questo cosa porta?

La prima conseguenza per coloro che trovano difficoltà, è di utilizzare l’errore come sprone per riprovarci e migliorare, ne segue un aumento della voglia di mettersi in gioco, di crescere e di apprendere e, dall’altra parte, affrontare problemi sempre più complessi permetterà loro di incrementare quello che definiamo il bagaglio di competenze.

Quindi il fallimento come occasione di crescita, ma non solo. Dobbiamo essere capaci di affrontarlo come opportunità per poterlo trasformare in esperienza utile.

Come possiamo trasportare questi concetti in cinofilia?

Prima di tutto bisogna aver chiaro le modalità in cui la mente apprende e le regole di corretta comunicazione. Infatti in fase di preparazione sono fondamentali chiarezza e coerenza, rispetto dei tempi e degli step di lavoro. Ma non solo. È importante comunicare correttamente perché noi dobbiamo passare al cane una immensa quantità di informazioni. 

L’errore, per diventare utile e fattore di crescita, deve quindi trasformarsi per il cane in informazione.

Il principio di per se è molto semplice: premesso che in preparazione non si lavora per prove ed errori ma si mette il cane in condizione di imparare subito il comportamento desiderato, succede che il cane proponga comportamenti alternativi, specie se non è sicuro dell’esercizio o se mancano ancora competenze di attesa, ascolto, generalizzazione e via dicendo. In questo caso, attraverso la mancanza di rinforzo o l’interruzione del comportamento il cane vive un’esperienza che gli dice che in quella situazione e relativamente a quel comando, c’è un unico e solo comportamento vincente, tutti gli altri sono sbagliati e non portano alla gratificazione voluta. 

Risultato sarà che il cane, con le ripetizioni e il confronto con gli errori fatti, man mano accresce il suo bagaglio di informazioni, prendendo così consapevolezza e sicurezza sull’esercizio o la situazione proposta. 

Consapevolezza e sicurezza daranno un’altissima percentuale di risposta corretta.

Per poter però passare l’informazione corretta, si deve avere una corretta comunicazione.

Spesso si vedono conduttori che davanti al cane che sbaglia l’esecuzione del comando rimangono immobili, non parlano o addirittura gli parlano troppo oppure lo lasciano lì in attesa e si mettono a parlare con gli altri presenti dei macroproblemi in allenamento. In tutto questo il cane rimane con un punto di domanda in testa chiedendosi se ha fatto bene, male o altro. 

Quindi abbiamo subito un errore, si genera confusione nel testa del cane e nella stessa sessione di lavoro.

Niente di meno utile. Dovemmo invece cogliere istantaneamente il momento per chiarire il concetto su quel comando e superarlo molto velocemente.

Per farlo, io in allenamento associo al momento dell’errore una parola che, con l’abitudine e in breve tempo, si trasforma nell’informazione che mi serve. 

Non è mai “no”, se con il no abbiamo associato un’accezione negativa per tutto ciò che è pericoloso è vietato nella vita. 

Mi serve solo un temine per passare al cane l’informazione: “quello che stai facendo nn è quello che ti ho chiesto, fermati a pensare a cosa dovevi fare”. Non deve avere il ruolo di punizione, ne inibire il cane a proporre nel lavoro. Questo perché dopo aver sbagliato e averlo fatto fermare a pensare, gli si deve dare l’opportunità di eseguire di nuovo l’esercizio o il comportamento e di farlo correttamente. Se inibisco il cane, la seconda ripetizione non sarà ne sicura ne spinta e motivata come vorrei.

In tutto questo permetto al cane di crescere, perché sarà lui, attraverso le informazioni e le competenze che gli ho dato, ha trovare la risposta corretta e la consapevolezza nell’esercizio. 

Ma non solo.

Questo processo si trasformerà anche in crescita di autostima e in quella tanto cercata motivazione che tutti vorremmo nel lavoro.

La prima differenza che mi sento di fare è sul contesto. Cane inesperto, in preparazione o già con esperienza e competenze.

Per un cane che sta imparando è normale sbagliare, anzi io voglio che ci siano anche errori per poter chiarire il concetto e per risolverli in questa fase del processo. 

Un cane esperto si trova in una condizione differente. Ha tutti gli strumenti per eseguire correttamente il comportamento, per cui davanti a un errore le valutazioni che andranno fatte saranno differenti. 

Ricordiamoci sempre che sono animali e non macchine, per cui possono sbagliare esattamente come noi.

Quello su cui un preparatore può lavorare è solo ridurre la frequenza e il rischio che ciò accada, aumentando le competenze del soggetto e ampliando le esperienze che potrà fare. Per questo è fondamentale una corretta pianificazione del lavoro con il nostro cane, costruendo tutti gli step che serviranno per arrivare al buon risultato.

Vorrei concludere commentando e prendendo in prestito dall’articolo di Pelligra la frase del fisco danese Niels Bohr: “un esperto è qualcuno che ha commesso tutti gli errori che si possono compiere in un campo moto ristretto”. Ecco, io direi non tutti, ma certamente che ha superato e colmato tutte le incertezze di quel determinato argomento.

Quindi errore come risorsa e informazione, e soprattutto deve diventare causa scatenante del percorso per una migliore consapevolezza, costruzione delle corrette esperienze per arrivare ad ottenere tutte le competenze utili al lavoro, la disciplina, il percorso che si vorrà svolgere.

Per tutti coloro che sono interessati metto qui il link all’articolo del sole2ore:

https://www.ilsole24ore.com/art/imparare-errori-e-un-arte-che-va-appresa-fin-piccoli-AE1w0hX?refresh_ce=1

Alessandra Vacchiero

Il mio nome è Alessandra Vacchiero, istruttore cinofilo. La passione per il cane è nata con me, insieme a quella per molti altri animali, con cui ho vissuto, lavorato e condiviso la mia vita. Sono entrata in cinofilia nel 2001 attraverso il mondo delle Expo, finché un giorno di febbraio del 2006, mentre osservavo la mia cucciolona di sette mesi giocare con me, mi dissi “questo cane può fare moltissime cose….” E così cominciarono le lezioni in campo, le discipline, gli stage e chi più ne ha più ne metta. Ma tra tutte le esperienze che abbiamo fatto c’è stata un’unica vera grande scintilla che ha segnato tutto il percorso: era nata senza accorgersene la mia immensa passione per l’obedience. E così pratico Obedience da 12 anni, ho preparato e portato tre miei cani fino alla classe più alta. Gare, stage e allenamenti in giro per l’Italia mi hanno dato un bagaglio di conoscenze ed esperienze che oggi vorrei condividere con voi per far conoscere a più persone possibili questa meravigliosa disciplina. “

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