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Le giornate calde, soleggiate e inquinate aumenterebbero il rischio di essere morsi da un cane

L’aggressività dei cani e il potenziale legame con le condizioni climatiche e atmosferiche.

Un recente studio scientifico pubblicato su Nature ha esaminato il legame tra le condizioni atmosferiche, l’inquinamento e il tasso di morsi dei cani.

Questo studio, condotto su un campione di 69.525 casi di morsi di cani nelle città statunitensi tra il 2009 e il 2018, ha rilevato un aumento dei morsi di cani nelle giornate calde, soleggiate e con elevati livelli di ozono nell’aria.

In particolare, gli scienziati hanno scoperto che l’incidenza dei morsi di cani aumentava con l’aumento della temperatura e dell’ozono, mentre diminuiva nei giorni di pioggia e nei giorni festivi. L’irradiazione UV, cioè la quantità di raggi ultravioletti del sole, sembra avere un ruolo importante: più è elevata, più aumentano i morsi. Non sono stati, invece, riscontrati effetti significativi legati alla presenza di particolato fine (PM2.5) nell’aria.

Gli autori dello studio hanno esaminato i dati provenienti da diverse fonti pubbliche, tra cui i registri dei pronto soccorso e le richieste di controllo degli animali, per avere un quadro completo della situazione. Questi dati sono stati poi analizzati considerando vari fattori, tra cui il sesso del cane, se era stato sterilizzato o meno, la razza, l’età e il sesso della vittima, e la familiarità della vittima con il cane.

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Il risultato principale di questa ricerca è che il comportamento dei cani potrebbe essere influenzato da variabili ambientali come il caldo, il sole e l’inquinamento atmosferico.

I ricercatori hanno utilizzato un modello statistico chiamato Poisson generalizzato a zero inflazione per valutare l’impatto della temperatura e degli inquinanti atmosferici, controllando allo stesso tempo gli effetti regionali e temporali.

Hanno scoperto che i tassi di morsi di cani aumentano con l’aumentare della temperatura e dell’ozono, ma non con l’aumento dell’esposizione alle particelle PM2.5. Inoltre, hanno osservato che livelli più elevati di irradiazione UV erano collegati a tassi più alti di morsi di cani.

Gli autori dello studio affermano che i cani, o le interazioni tra umani e cani, sono più ostili durante le giornate calde, soleggiate e inquinate.

Questo potrebbe indicare che il carico sociale del calore estremo e dell’inquinamento dell’aria comprende anche i costi dell’aggressività animale.

L’aggressione è un comportamento comune tra le specie, spesso con vantaggi adattivi nella difesa del territorio, nell’ottenimento di risorse limitate, nella competizione per i compagni o nella protezione dei membri del gruppo.

L’aggressione umana ha radici psicologiche e sociologiche complesse, ma alcuni fattori esterni aumentano l’aggressione in tutte le specie: temperature più elevate aumentano la probabilità di aggressione tra gli umani, le scimmie Rhesus, i ratti e i topi.

L’aggressione inter-specie, come i cani che mordono gli umani, è stata anche collegata a temperature più alte.

Inoltre, l’esposizione a breve termine a inquinanti atmosferici (particelle < 2,5 μm (PM2.5) e ozono) sembra aumentare l’incidenza dei crimini violenti umani, basata su analisi temporali della qualità dell’aria e dei dati sui reati. Non è noto se il legame tra inquinanti atmosferici e aggressione si estenda ad altre specie.

Fonte: https://www.nature.com/articles/s41598-023-35115-6

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