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Maltrattamento e abuso di Razza: come riconoscerlo?

Esiste però un altro tipo di maltrattamento definito da Irene Maja Nanni “Maltrattamento/abuso di razza”.

Il maltrattamento di animali, nel nostro ordinamento è definito, nell’art. 544-ter del codice penale ai sensi del quale:

Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da 3 mesi a 18 mesi o con la multa da 5 000 euro a 30 000 euro.

La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.La pena è aumentata della metà se dai fatti cui al primo comma deriva la morte dell’animale.

Ma il concetto di maltrattamento è ben più ampio. Abbiamo già parlato di violenza sugli animali e dello stretto rapporto fra maltrattamento degli animali e violenza generalizzata.

Maltrattamento/abuso di razza

Esiste però un altro tipo di maltrattamento definito da Irene Maja Nanni: “Maltrattamento/abuso di razza”.

Tutti noi abbiamo presente l’abbinamento: persona aggressiva e deviante e cane terrier di tipo Bull o molossoide. Un abbinamento che è sorretto empiricamente dall’esperienza e dalle cronache, che si è trasformato in pregiudizio verso le razze stesse, loro malgrado.

Spesso, possiamo affermare questo senza paura di essere contraddetti, chi ha determinati profili devianti si accompagna o per meglio dire usa queste razze per scopi precisi.

Sono proprio le loro caratteristiche fisiche, unite alla “cattiva fama” di cui purtroppo godono, a farli diventare vittime di queste relazioni negative e dannose.

Per chiarire, non stiamo parlando di chi divide consapevolmente la propria vita con Rottweiler, Dogo, Pit Bull ecc., facendo fare loro una vita corretta anche in rispetto delle proprie caratteristiche.

Parliamo di chi li vive come oggetti di minaccia e/o offesa, chi li detiene a scopo intimidatorio e chi li trasforma in status symbol negativi.

Queste persone, spesso come già detto, hanno profili psicologici delineati e pericolosi che sfociano spesso nel maltrattamento di questi animali che vengono cresciuti senza rispetto, portati a vivere gli estranei come minaccia, aizzati contro persone ed animali, deprivati nei loro bisogni primari o di sicurezza. Tutto ciò si profila come forma di maltrattamento, forma che oggi non è presa in considerazione e per la quale mancano risposte anche di tipo giudiziale.

Spesso, infatti, si è portati a giudicare i cani arrivando fino a chiedere la loro messa al bando, etichettandole come razze pericolose o ancora a vederli come “armi” a disposizione di soggetti criminali. Dimenticandoci che in primis sono loro ad essere le vittime.

Intervista a Irene Maja Nanni

Abbiamo raggiunto Irene Maja Nanni, che da tempo è impegnata in un progetto specifico proprio su questo argomento e a lei abbiamo girato alcune domande:

Da dove nascono le osservazioni che ti fanno parlare di “Maltrattamento/abuso di Razza”?

Da studi sul campo, ed ora sempre più corroborati da dati provenienti da diverse realtà, come canili, rifugi, organizzazioni nazionali ed internazionali per la tutela degli animali.

Determinate razze come Dogo Argentino, Amstaff, Pitbull, Rottweiler, ed altre, sono maggiormente soggette a maltrattamento da parte di persone con un profilo deviante e/o antisociale.

Molto spesso cani di razze di taglia medio/grande, appartenenti ai gruppi dei molossoidi e dei terrier di tipo bull, suscitano in persone con profili borderline un interesse particolare per svariati motivi, uno tra questi è la strumentalizzazione delle spiccate potenzialità fisiche, per sentirsi da un lato tutelati e dall’altro incutere paura nelle altrui persone. Inoltre possono essere utilizzati per scopi di varia natura, come “front–dog” in situazioni di micro criminalità (come spaccio di sostanze), utilizzati in combattimenti clandestini e tanto altro.

Il fenomeno del maltrattamento/abuso di razza si inserisce nel panorama LINK, ed è quel maltrattamento che viene inferto a cani, in questo caso suddiviso per razza, ad opera di persone con uno specifico e delineato profilo psicologico e sociale.


Il LINK nella sua traduzione dall’inglese significa unire, connettere, legare e questo ignificato è stato mutuato dalle discipline psicologiche, psichiatriche, criminologiche ed investigative indicando la stretta correlazione esistente fra maltrattamento e/o uccisione di animali e ogni altro comportamento violento, antisociale, criminale come violenza domestica, stalking, stupro, omicidio, rapina, spaccio di sostanze, furto, truffa, manipolazione mentale, ecc.

Il legame tra l’abuso di animali e ogni forma di violenza è già ben consolidato negli Stati Uniti d’America, e altri paesi anglosassoni.

Il LINK sul territorio italiano è stato portato nel 2009 da Francesca Sorcinelli, presidente di LINK-ITALIA che si occupa dello studio di questi fenomeni in diversi ambiti contribuendo a colmare le lacune ancora presenti nel nostro sistema sociale e giuridico.

In particolare qual’è lo scopo del progetto sul “Maltrattamento/abuso di Razza”?

Uno tra i tanti obiettivi di questo progetto è il riconoscere la condizione di vittima al cane che proviene da situazione di abusi (perché ricordiamoci che convivere con soggetti dal profilo deviante non è facile neanche per un animale), spesso sono coinvolti in risse fra persone, vengono maltrattati, detenuti inadeguatamente, spesso vivono in contesti che possono alimentare agitazione continua ed i loro bisogni etologici non vengono presi in considerazione; ma ad oggi questi cani sono sempre e solo visti come complici di queste persone e mai come VERE VITTIME.

I cani appartenenti a determinate razze non dovrebbero essere definiti pericolosi tout court, ma sicuramente l’impatto mediatico che aleggia su questi cani rende difficile il nostro compito. Con questo progetto vogliamo aumentare la sensibilità verso questi temi, delineando lo stato di vittima ai cani che provengono da situazioni di maltrattamento e di detenzione da parte di soggetti dalla condotta sociale e/o deviante, creando così un precedente da poter allargare a tutti i cani ed agli animali in generale.


Un altro fra gli altri obiettivi è la riabilitazione per i cani che provengono da contesti difficili e concretamente procedere alla loro ricollocazione. Il maltrattamento /abuso di razza è un fenomeno troppo spesso sottostimato, ma indice di una problematica sulla quale è necessario agire dall’interno.

Per chi già non ti conoscesse ci puoi raccontare perchè hai deciso di impegnarti in questo progetto e quali sono le tue esperienze che ti hanno portato a questa scelta?

Ho deciso di impegnarmi in questo progetto, perché ad oggi la tutela nei confronti degli animali è davvero scarsa, nonostante si siano fatti ampi passi negli ultimi anni.

La giurisprudenza non prende in considerazione purtroppo se una persona possa essere in grado di detenere un animale in base alle proprie condizioni psico sociali, ci sono gap ancora enormi in merito e a pagarne le conseguenze sono solo i cani, in questo caso specifico.

Mi occupo di riabilitazione comportamentale nei cani che provengono spesso da realtà problematiche, e la costante molto spesso che si ritrova in determinati profili detentore, perché chiamarli proprietari è davvero difficile sono le razze a cui sono interessati.


Purtroppo le razze di cui abbiamo parlato sono anche bistrattate da un punto di vista mediatico, quindi questo progetto è stato la continuazione di un qualcosa in cui mi sono sempre impegnata: l’impatto mediatico delle razze definite aggressive.

La collaborazione con Link-Italia ha fatto si che potessi dar voce ad un fenomeno fino ad ora solo visto galleggiare ma che nessuno aveva approfondito.


La chiave di volta sarà la parte riabilitativa dei soggetti, perché questo progetto ha l’obiettivo di stilare linee guide, sia come protocolli di intervento davanti a casi di maltrattamento/abuso di razza ma anche operare per il benessere dei soggetti al fine di una ricollocazione.


Le etichette non mi sono mai piaciute in nessun ambito e sicuramente l’ambito cinofilo dovrebbe esserne scevro, badando solo al benessere dei soggetti e alla buona informazione, ma purtroppo non è così…sarà dura ma, “non mollo la presa”.

LEGGI ANCHE: L’uso della violenza in cinofilia: ne parliamo con Roberta Bruzzone

Oscar Zuccatti

Oscar Zuccatti Al Campo Educazione Cinofila asd Progetto UluLove Oscar Zuccatti: Laureato in Sociologia ed Educatore Socio-Pedagogico da sempre affascinato dal mondo animale e in particolare da quello cinofilo. Nel suo lavoro di educatore ha la possibilità di incontrare il mondo della Pet Therapy e dal 2011 é responsabile di tale servizio per Anffas Trentino Onlus. Partecipa direttamente a progetti d’intervento in ambiti diversi, svolgendo fino ad oggi più di 4000 ore di attività. Negli anni segue svariati corsi, stages e workshop, oggi è Educatore Cinofilo Fisc di 3° livello, formatore in ambito Iaa (Pet therapy) e preparatore dei binomi. Referente d’intervento per le Eaa Responsabile di Attività Coadiutore del Cane Coadiutore del Gatto e Coniglio Presidente Al Campo asd Componente e cofondatore del progetto UluLove

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