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L’uso della violenza in cinofilia: ne parliamo con Roberta Bruzzone

La criminologa e psicologa forense, che si è mostrata in molteplici occasioni sensibile al tema del maltrattamento degli animali, ci aiuta a capire meglio questo fenomeno.

I cani sono grandi aggregatori sociali e tra umani di riferimento capita spesso di chiacchierare e condividere esperienze ed emozioni.

È stato così che, quest’estate, il proprietario di un ristorante all’aperto in cui sono stata con il mio più che vispo amico animale ha iniziato a raccontarmi della sua cagnolona. Era un racconto pieno d’amore ma, a un certo punto, il discorso è caduto su una lezione con un addestratore: «Mi avevano consigliato di portarla da un professionista per farle imparare le regole, per educarla». Lo sguardo dell’uomo cambia, si fa triste, mi rivela che durante la prima lezione l’animale è stato strattonato violentemente, maltrattato, e che lui a quel punto ha interrotto il “percorso educativo” e non si è mai più rivolto a quella persona.

Purtroppo, questo non è un caso isolato ma non tutti i proprietari riescono a rendersi conto in tempo che ciò che sta succedendo è sbagliato. La violenza in ambiti legati alla cinofilia è una realtà dolorosa e ancora troppo frequente (Non nominare tu sai chi: su violenza, cani, dog trainer e tute colorate – Dogsportal.it | Blog cinofilo).

Per capire meglio cosa accade, abbiamo chiesto aiuto a Roberta Bruzzone, criminologa e psicologa forense.

L’educazione cinofila e l’addestramento dei cani dovrebbero svilupparsi in dimensioni di cura e di gioco. Come e perché la violenza si insinua in questi ambiti?

«Il problema della violenza è legato al tipo di personalità di chi si avvicina a questo mondo. — spiega la dottoressa Bruzzone — Sicuramente la stragrande maggioranza è costituita da persone che si sono avvicinate alla cinofilia e si sono formate perché hanno uno spirito positivo e favorevole nei confronti dei cani, li amano e si sono dedicati a questa attività con l’obiettivo di aiutare i proprietari a gestirli al meglio, garantendone il benessere.

Poi ci sono alcuni soggetti che, evidentemente, hanno bisogno di esercitare potere sugli altri e probabilmente hanno selezionato il settore degli animali perché costituisce un perimetro più facile in cui mascherare questi aspetti disfunzionali e distorti della loro personalità, spacciando la violenza — che li gratifica —, come tecnica educativa. Questi soggetti trovano riscontro del proprio potere e della propria importanza utilizzando metodi violenti e assolutamente inutili e distruttivi nei confronti dell’animale».

Come è possibile che questi individui abbiano un séguito così nutrito, che si manifesta nei social media e fa persino crescere le loro attività?

«Purtroppo anche questo è facilmente spiegabile poiché molte persone sono profondamente insicure. Per quanto riguarda poi la possibilità di gestire cani, magari anche di taglie medio-grandi, chiaramente sono in difficoltà e si trovano nelle mani di questi soggetti che sono molto aggressivi e si mostrano anche molto sicuri di sé. Con questi atteggiamenti violenti è chiaro che il cane cambia, perché fondamentalmente si spezza, perché psicologicamente è terrorizzato». Gli umani di riferimento, quindi, in un certo qual modo credono che il metodo stia funzionando.

Roberta Bruzzone aggiunge: «Spesso e volentieri questo atteggiamento aggressivo, e a volte anche offensivo e svilente nei confronti dei proprietari, fa presa su alcune tipologie di personalità: chi è insicuro e coloro i quali pensano che effettivamente uno più esperto di loro abbia necessariamente ragione, anche se usa dei metodi assolutamente inconcepibili. Quindi, purtroppo, questo tipo di soggetti possono avere un largo séguito perché hanno queste modalità molto aggressive che hanno presa facile nei confronti di chi si trova in difficoltà e di chi ha una personalità non particolarmente strutturata, in un contesto di quel tipo.

Riescono a dominare anche i proprietari, non solo i cani».

Quali potrebbero essere i campanelli di allarme che ci segnalano che siamo davanti a una persona violenta e non a un professionista serio e competente?

La risposta della criminologa è netta: «Nel momento in cui ci sono atteggiamenti palesemente aggressivi nei confronti del cane: il cane viene picchiato, il cane viene terrorizzato, la voce viene utilizzata proprio per intimorire l’animale, per spingerlo, effettivamente, alla totale sottomissione. Si usano anche metodi di manipolazione dell’animale estremamente aggressivi e umilianti.

Credo che non ci possano essere molti dubbi quando si è davanti a un soggetto che evidentemente è molto disturbato: quel potere che ha nei confronti dell’animale è qualcosa che nutre la sua personalità malevola. A questo punto bisogna evitare che possa continuare a lavorare con il cane. Anche perché un conto è un cane addestrato, o educato, attraverso il gioco e tecniche non invasive e non violente, un altro paio di maniche è un cane che è terrorizzato, spezzato, qualunque cosa gli chiedi fa perché ha paura di essere picchiato selvaggiamente un’altra volta».

In Italia si fa ancora fatica a connotare la violenza sugli animali come un precursore di condotte criminali, quando invece il legame tra maltrattamento di animali e violenza e crudeltà su umani è stato già studiato e riconosciuto (Dal maltrattamento animale alla violenza Umana: Parliamo del “Link”, di educazione e della nuova legge anti bullismo in una Diretta Cinofila importante. – Dogsportal.it | Blog cinofilo). «Si fa fatica ma in realtà è uno degli indicatori più affidabili che la scienza si restituisce. — chiarisce Bruzzone — La mancanza di empatia si manifesta proprio in maniera abbastanza precoce, anche in tenera età, e proprio nei confronti degli animali.

Quindi se c’è una personalità distorta, tipicamente ha un deficit di empatia e questo normalmente si manifesta proprio nei confronti degli animali, nei bambini così come negli adulti. Questo è un indicatore assolutamente affidabile che c’è qualcosa che non va. Purtroppo, ancora si tende a sottovalutare la problematica e molto spesso i genitori stessi regalano cuccioli, gattini o cagnolini, a bambini che in realtà sono già particolarmente disturbati e che hanno poi con l’animale un approccio violento, aggressivo, addirittura arrivando a torturarlo».

Ciò che turba è che frequentemente i genitori ritengano accettabili questi comportamenti. «Secondo i genitori tutto sommato è accettabile, perché in fondo ‘è soltanto un animale’: questo è un approccio ignobile, perché non è ‘solo un animale’, è una creatura vivente che, come tale, va rispettata. Quindi, il fatto che il bambino manifesti questa voglia di fargli del male e sia gratificato dal sentire l’animale che si lamenta, è un indicatore affidabilissimo che quel bambino sta sviluppando una personalità malevola. I genitori dovrebbero prendere quel tipo di indicatore per quello che è, cioè un elemento su cui riflettere e di cui preoccuparsi grandemente. Soprattutto dovrebbero fare in modo che il bambino non abbia più accesso all’animale perché quest’ultimo è in pericolo».

In questo scambio con Roberta Bruzzone è emersa ancora una volta l’urgenza di un riconoscimento ufficiale delle professioni cinofile con un’adeguata normativa che le regoli tutelando i cani, i loro umani di riferimento e gli educatori e addestratori che svolgono con competenza il proprio lavoro.

«Ritengo sia giunta ormai ampiamente l’ora di normare anche l’accesso alle professioni legate alla cinofilia.

e noi di Dogsportal.it non possiamo che essere totalmente d’accordo.

Ci deve essere una maggiore formazione tra coloro che svolgono questo tipo di attività e anche una selezione di natura psicoattitudinale.

Servirebbe proprio per emarginare chi si avvicina a questo mondo, non perché animato dalla voglia di lavorare con i cani, perché li ama e perché desidera potenziare la possibilità che ci sia la migliore interazione possibile tra l’umano e il proprio cane, ma lo fa perché quello è un terreno fertile per esercitare potere in maniera malevola, esercitare violenza.

In qualche modo il suo senso di grandiosità patologica viene alimentato proprio da queste dinamiche. Quindi bisognerebbe non solo selezionare in base alle competenze effettive, ma anche rispetto ad alcuni tratti di personalità.

Non è un lavoro che possono fare tutti.

Oggi non c’è nessuna garanzia effettiva che la persona che abbiamo davanti abbia seguito un certo tipo di formazione e che sia adeguata a quella attività.

Questo è il vero problema».

Alessia Colaianni

Dottoressa di ricerca in Geomorfologia e Dinamica ambientale, sono poi approdata sulle rive della comunicazione e divulgazione scientifica. Sono diventata giornalista e, un articolo dopo l’altro, mi sono ritrovata a raccontare le storie di animali umani e non umani e dell’ambiente in cui vivono. Sul mio cammino ho incontrato lo sguardo di molti cani e questo mi ha convinta a suonare ai cancelli di Dogsportal per poter curiosare nella loro storia e nel loro comportamento insieme a voi.

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