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Risoluzione sulla Pet Therapy. Di cosa si tratta?

Qualche giorno fa il mondo della Pet Therapy Italiana ha avuto un sussulto a seguito della notizia, postata sui social di alcuni esponenti del Movimento 5 stelle dell’approvazione di una risoluzione sul riordino della Pet Therapy.

Risoluzione sulla Pet Therapy
Risoluzione sulla Pet Therapy

Da lì è nato un dibattito, come spesso avviene in questi ultimi tempi, fatto di botta e risposta nei commenti di Facebook fra cittadini comuni e operatori del settore, che ha creato una sorta di cortocircuito. Simile a quello che da bambini procurava il gioco del telefono senza fili. Per cui alla fine è passata la notizia che finalmente in Italia ci fosse una legge sulla Pet Therapy, che al contrario di quanto volessero gli operatori, ad oggi impegnati, ora ci sarà un controllo veterinario sugli animali ed addirittura che grazie a questa risoluzione l’Istruttore cinofilo avesse ottenuto un riconoscimento di legge.

Niente di tutto ciò. Con l’intento di fare chiarezza mi sono permesso di fare una revisione critica del testo approvato in XII commissione.

Innanzitutto va chiarito che non è stata approvata alcuna legge, ma una risoluzione in commissione. La Risoluzione per l’ordinamento italiano è un atto di indirizzo con il quale le Commissioni e l’Assemblea possono esprimere il loro pensiero e un indirizzo al Governo sull’argomento in discussione. Quindi uno strumento che i parlamentari hanno a disposizione per impegnare il Governo ad agire verso determinati obiettivi.

Va poi ricordato che esiste già una legge sulla Pet Therapy, o meglio sugli Interventi Assistiti con gli Animali, dal 25 marzo 2015 denominata Linee Guida sugli IAA.

Infine che, la risoluzione che è stata approvata è la sintesi di due risoluzioni, aventi stesso argomento, che erano state depositate tempo fa e delle quali vi avevamo già parlato.

Inoltre il testo ha subito un’ulteriore modifica a seguito della discussione in commissione e del parere espresso dal Ministero competente.
Veniamo ora all’analisi del contenuto.

Ogni Risoluzione si compone di due parti. La prima è una descrizione della situazione sulla quale si intende chiedere degli impegni al Governo, la seconda l’enunciazione per punti degli stessi. La Risoluzione inizia con la descrizione storica della Pet Therapy, dalla sua definizione da parte di Boris Levinson fino ai giorni nostri, passando appunto dall’approvazione ed applicazione delle Linee Guida.

Risoluzione sulla Pet Therapy
Risoluzione sulla Pet Therapy

Prosegue con la descrizione di alcuni punti, che i proponenti intendono indicare come negativi o rischiosi, nel modo di operare oggi in questo ambito. In particolare colpiscono alcuni passaggi:

…nella pet therapy in ambito sanitario la relazione tra paziente e animale rappresenta una vera e propria terapia e, pertanto, dovrebbe essere gestita dal personale sanitario;… 

Detto che non si potrebbe che essere d’accordo con questa enunciazione, qui i proponenti dimenticano però di evidenziare che le Terapie Assistite con gli animali (TAA) sono già caratterizzate proprio per la loro gestione da parte di professionisti sanitari. Il responsabile di una Taa, infatti, può essere solo un medico specialista (iscritto all’abo) o uno psicologo psicoterapeuta (iscritto all’albo).

Inoltre l’equipe deve essere formata, anche, da un Medico Veterinario esperto in Iaa e da un Referente d’intervento per le Taa. Ruolo, quest’ultimo, che può essere ricoperto solamente da figure sanitarie in possesso di laurea almeno triennale ( ad esempio Infermiere, Logopedista, Fisioterapista, Neuropsicomotricista ecc…). Quindi direi che per quanto riguarda questo aspetto non si dovrebbero evidenziare particolari criticità.

La verità è che spesso il non ricorrere all’effettuazione di TAA in ambito sanitario, a favore di altro tipo di Attività, è dovuta in primis alla disponibilità di spesa degli enti. Come è ovvio una Taa proprio per la nutrita presenza di figure sanitarie nella equipe ha un costo maggiore. In secundis  dalla ancor scarsa disponibilità proprio di figure sanitarie formate sugli Iaa. Basterebbe una facile ricerca su digitalpet (albo nazionale on-line degli operatori in Iaa) per accorgersi del numero esiguo di Responsabili e Referenti di Taa, rispetto ad altre figure.

… le linee guida evidenziano alcune incongruenze anche rispetto alla parte riguardante la formazione: le terapie come le attività e l’educazione assistite dagli animali in ambito sanitario (pedagogia medica) sono servizi riferibili a prestazioni sanitarie di tipo specialistico, la cui formazione, rientra a pieno titolo in quelli che sono dei veri e propri percorsi di alta formazione e quindi erogati dall’università; …

In questo passaggio si evidenziano incongruenze nel percorso formativo, senza peraltro enunciare quali, ma facendo ricadere tutto in ambito sanitario ( anche Aaa e le Eaa) si propone come soluzione il passaggio all’alta formazione universitaria. Vedremo poi che ben tre impegni della risoluzione stessa, puntano ad un maggior coinvolgimento delle Università in questo ambito. Senza chiarire mai gli effettivi limiti che questa soluzione andrebbe a risolvere.

La parte descrittiva si conclude con questo passaggio:

…infine, le linee guida non danno indicazioni sugli standard dei criteri di scelta delle specie e degli individui animali e delle tecniche di educazione, là dove la standardizzazione di questi criteri renderebbe più sicuri gli interventi abbassando nel contempo lo stress dell’animale e la possibilità che si realizzino le condizioni per zoonosi sia infettive che comportamentali, né sono state indicate le modalità di gestione degli animali coinvolti, necessarie soprattutto se gli interventi sono dedicati alle strutture sanitarie verso le quali gli animali stessi possono rappresentare dei fattori di rischio epidemiologico come possibili vettori in entrata e in uscita di importanti germi patogeni; 
    a tutt’oggi vengono introdotti in alcune strutture sanitarie (a contatto con pazienti che presentano varie patologie acute e/o croniche) animali con analisi cliniche generiche quando invece sarebbero necessari protocolli sanitari specifici derivati da analisi del rischio in base alle diverse condizioni dei setting costruiti tenendo presente i diversi fattori che vanno ad influenzarlo; … L’assenza di protocolli di gestione degli animali, quindi, espone a rischio sia le persone sia l’animale stesso nonché l’operatore e la struttura per possibili denunce per maltrattamento animale. A volte vengono introdotti rettili come le tartarughe, anche se è ormai conosciuto il potenziale di rischio in quanto portatori di salmonella, essendo questo patogeno spesso presente come commensale del loro intestino. Anche il coinvolgimento dei cani andrebbe normato secondo analisi del rischio zoonosico infettivo e comportamentale, infatti, recentemente sono stati segnalati casi di meningiti in bambini, sempre da Pasteurella, a seguito del leccamento; 

Risoluzione sulla Pet Therapy

Qui la risoluzione sembra aprire una questione importantissima e non risolta, facendo intendere una sottovalutazione dei rischi ed un assenza quasi totale di controllo sugli animali coinvolti. Per fortuna non è cosí.

Le linee guida, infatti nel capitolo 8 definiscono le specie impiegabili ( cane, gatto, coniglio, cavallo e asino) e prevedono che l’impiego di altre specie in progetti di Taa ed Eaa venga valutato dal Centro Nazionale di Referenza per gli IAA sentito il ministero.
Per quanto riguarda l’idoneità prevedono che quella di specie e del singolo animale, ai fini dell’Intervento, venga valutata dal veterinario dell’équipe congiuntamente al responsabile di progetto. Per quanto riguarda i requisiti sanitari, si prevede che gli animali scelti debbano essere sottoposti preventivamente a una valutazione sanitaria dal medico veterinario dell’équipe che può avvalersi di colleghi specialisti. Solo a seguito di tale valutazione ne viene riconosciuta l’idoneità che deve essere costantemente monitorata nel corso degli interventi. È, ancora, compito del medico veterinario dell’équipe, individuare le modalità per il monitoraggio sanitario dell’animale. Inoltre, al termine del progetto di IAA è necessario effettuare una nuova valutazione dello stato sanitario dell’animale impiegato.
Per ogni animale il medico veterinario, quindi, predispone una cartella clinica, che deve essere regolarmente aggiornata, riportante il segnalamento dell’animale, l’anamnesi, lo stato sanitario, le profilassi eseguite e le eventuali terapie.

Inoltre in  particolari situazioni di rischio per l’utente/paziente (immunodepressione, allergie, controindicazioni legate a particolari stati patologici), tenuto conto delle prescrizioni del medico responsabile, il medico veterinario valuta la necessità di ulteriori e/o più frequenti accertamenti clinico-diagnostici sull’animale e l’adozione di comportamenti più restrittivi nella sua gestione.
Uguale discorso è fatto per i requisiti comportamentali.

Se ne deduce che i rischi qui evidenziati sussistano nel non rispetto delle norme e non da una loro carenza.


La ratio della norma ora in vigore è quella di responsabilizzare, nella sua professionalità, il Medico Veterinario affidando a lui la scelta degli strumenti e le modalità di accertamento, senza unificarle.
Sicuramente il sistema è migliorabile, ma la descrizione che nel testo viene fatta non appare congrua rispetto alla realtà. Certamente l’identificazione di schede e strumenti ad Hoc agevolerebbe il lavoro dei Medici Veterinari esperti in Iaa, così come la messa a disposizione di protocolli e buone prassi già utilizzate. In questo il sistema Universitario potrebbe svolgere un ruolo di capofila.

Dopo l’analisi delle premesse, passiamo ora al fulcro della risoluzione ovvero gli impegni che i proponenti chiedono al governo, analizzandoli nello specifico.

1) a sottoporre a revisione le linee guida, riconoscendo alle stesse un carattere dinamico, così come previsto dall’articolo 8, comma 3, del citato Accordo Stato-Regioni del 25 marzo 2015, coinvolgendo nella revisione, oltre ai soggetti ivi indicati – Ministero della salute in collaborazione con il Centro di referenza nazionale per gli IAA, l’Istituto superiore di sanità e i rappresentanti delle regioni, avvalendosi di esperti in materia e rappresentanti delle associazioni del settore di rilevanza nazionale – anche le università e il Ministero dell’università e della ricerca; 


Bene, non fosse altro che questo processo è per fortuna già ben avviato. Il Centro di Referenza Nazionale per gli Iaa ( Crn ) fin da subito ha aperto tavoli di confronto a livello nazionale, così come ne sono stati aperti diversi a livello locale. Questi confronti hanno già prodotto dei risultati, con alcune modifiche delle leggi regionali e interpretazioni o chiarimenti a livello nazionale. Inoltre assieme al Ministero lo stesso Crn ha organizzato un workshop dal titolo “Linee guida IAA. Riflessioni e proposte condivise” già nel settembre del 2015. Da questi confronti sono emerse proposte di revisione della normativa che ora attendono di essere discusse ed approvate.

2) a riconoscere che le terapie con gli animali, essendo finalizzate al benessere dei pazienti e utilizzate per interventi abilitativi, possono essere considerate come terapie non farmacologiche; 
3) a prevedere, nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza (LEA), attraverso la procedura prevista a legislazione vigente per il loro aggiornamento, alcune tipologie di terapie assistite con gli animali (TAA), così come avviene già in alcune regioni; 

Risoluzione sulla Pet Therapy

Questi impegni sono sicuramenti obiettivi che da sempre il mondo della Pet Therapy italiana ha. Il lavoro di ricerca e pubblicazione scientifica in cui molti colleghi si sono impegnati in questi anni, va in questo senso. Ben venga, quindi, l’invito al Governo a procedere in tal senso.

4) ad aggiornare le linee guida per definire gli IAA in ambito sanitario e gli IAA in altri ambiti, differenziando gli interventi che riguardano le terapie assistite con gli animali e in ambito sanitario, in quanto richiedono una maggiore complessità di esecuzione e maggiori responsabilità; 

Questo impegno è dal mio punto di vista strano. Come già detto in precedenza le linee guida già prevedono una divisione degli Iaa. Le terapie, per le professionalità previste e per gli ambiti dove si possono realizzare, sono già assegnate di fatto all’ambito sanitario. Forse si potrebbe obiettare sul fatto che anche altri tipi di Iaa vengano ad oggi svolti in ambito sanitario. Bisogna però ricordare che l’ambito è vasto comprendendo in sé anche, ad esempio, le residenze per Anziani dove alcune attività assistite assumono una veste piú ludico-ricreativa, pur sempre importante. Sulla questione della maggior complessità di esecuzione, la questione temo sia figlia del pensiero che vede ciò che è sanitario sovrastare ad esempio ciò che è educativo di principio. Per me le complessità sono diverse e non classificabili, per forza, in una scala di valore assoluto.

5) a prevedere, attraverso atti normativi, che nelle terapie in ambito sanitario il medico veterinario esperto in IAA o il coadiutore esperto con più di tre anni di esperienza in TAA in ambito sanitario, siano i responsabili della conduzione dell’animale; 

Questo punto è quello che maggiormente ha scatenato la discussione nel mondo attivo degli Iaa. Per capirne il motivo, bisogna tornare al testo della risoluzione originale, che prevedeva che la conduzione dell’animale fosse effettuata esclusivamente dalla figura del medico veterinario.

La nuova formulazione è sicuramente meno esclusiva, ma presenta comunque una novità in tutto l’impianto della normativa vigente. Il prevedere la conduzione da parte del medico Veterinario esperto in Iaa sposta la definizione dei ruoli. Il prevederlo implica anche un cambiamento radicale della formazione dello stesso. Ad oggi infatti nella formazione di questa figura non è previsto nessun modulo specifico sulla conduzione dell’animale. Visto che poi per le linee guida, come è logico, la formazione e le competenze da apprendere per la conduzione è specifica per ogni animale (acquisibili con corsi base di almeno 52 ore ciascuno) il Veterinario Esperto dovrebbe avere una formazione molto piú lunga. Aggiungo che una delle cose che oggi viene nuovamente confermata dal report sugli Iaa per il 2019, prodotto dal Crn, è un problema legato al numero esiguo di Veterinari Esperti in Iaa che rappresentano solo il 4% dei professionisti ad oggi formati e in possesso di idoneità. Pensare di affidare a questi, anche, i compiti di conduzione potrebbe rappresentare un rischio piú che una risorsa. Se invece quell’essere responsabile, assumesse il significato di assumersene in capo le responsabilità legali ed etiche, non cambierebbe la situazione rispetto a quella odierna.

6) a differenziare correttamente le attività che non si inseriscono nel contesto degli IAA (ad esempio: fattorie didattiche e fattorie sociali, attività svolte nei maneggi e nei centri equestri) e che possono essere realizzate seguendo metodo e prassi indicate dalle linee guida; 

Invitare a differenziare ciò che non è, è una prassi molto italiana. Gli anglosassoni, più pragmatici, ad esempio mai chiederebbero di definire cosa non sia una cosa, ma si farebbero bastare una descrizione chiara di cosa essa sia.

7) a rivedere i requisiti previsti per le strutture che erogano TAA ed EAA con animali residenziali considerando le reali necessità degli operatori e degli utenti che sono coinvolti negli interventi e rispettando, contemporaneamente, l’esigenza di tutela del benessere degli animali; 

I requisiti per la richiesta del nulla osta per i centri accreditati per l’erogazione degli Iaa, sono stati fin da subito argomento di confronto, con una forte richiesta di modifica. I pochissimi centri che in Italia ad oggi lo hanno richiesto e ottenuto ne sono una riprova. Appare evidente che in sede di revisione si dovrà tenere conto delle criticità emerse.

8) a definire criteri standardizzati di selezione, scelta ed educazione degli animali e specie coinvolte anche attraverso la definizione di protocolli sanitari standardizzati con l’analisi del rischio per i differenti setting, escludendo il coinvolgimento di animali selvatici o esotici, di cuccioli di età inferiore a un anno, di animali anziani, di femmine in fase estrale, in lattazione o in stato di gravidanza e di animali in condizioni patologiche, acute o croniche, fisiche o comportamentali, affinché in nessun caso le prestazioni degli animali impiegati negli IAA possano comportare per gli stessi fatiche o stress psichici o fisici; 

Molte delle cose che si invitano a definire in questo punto sono già previste nelle linee guida. Su altre la discussione è aperta. Ad esempio l’età minima di un animale coinvolgibile, che chiaramente dipende anche dalla specie e dalla razza, un anno di un puledro non è confrontabile ad un anno di un cane o di un coniglio. Vi è poi, forse, una contraddizione implicita dove si chiedono protocolli standard con analisi di rischio differenziate. Logica vorrebbe che ciò che è standard non sia differenziato. Auspicabile, come già scritto sopra, invece la circolazione di protocolli e di buone prassi differenziate che possano arricchire tutto il comparto e permettere la crescita complessiva dello stesso anche in quest’ambito.

9) a prevedere, attraverso atti normativi, i criteri di formazione dell’équipe interdisciplinare che opera in ambiente sanitario e terapeutico, con il coinvolgimento delle università; 
10) a valutare l’implementazione di master universitari post laurea concernenti gli IAA in ambito sanitario; 
11) a valutare l’opportunità di prevedere l’istituzione di scuole specializzate in IAA accreditate direttamente dal Ministero dell’università e della ricerca con riferimento alla formazione degli operatori non in possesso della laurea. 

Mi permetto di commentare insieme gli ultimi 3 impegni che propone la risoluzione, poichè li vedo legati alla stessa logica, ovvero quella di un maggior coinvolgimento del mondo universitario. Sicuramente non potrebbe che essere positivo un maggior coinvolgimento accademico, soprattutto se non si limitasse ad una mera somministrazione di formazione, ma fornisse mezzi, capacità e competenze nell’ambito della ricerca in una logica collaborativa.

Risoluzione sulla Pet Therapy


Per concludere vorrei esprimere una mia opinione, personale, sullo strumento che i parlamentari coinvolti hanno scelto per affrontare la questione del riordino delle Linee Guida sugli Iaa. Partendo dal fatto che la legge è frutto di un accordo Stato-Regioni e che vi è già un ente ministeriale preposto al suo controllo e verifica, il Crn, credo sarebbe più opportuno favorire l’accelerazione dell’aggiornamento attraverso i percorsi già avviati. Percorsi che stanno vedendo un coinvolgimento diretto degli stakeholder. Infine vorrei approfittarne per evidenziare una mancanza, che da più parti è stata sollevata in questi anni, che a giudizio mio è uno dei motivi principali anche di alcune cose descritte dal testo qui analizzato, ovvero quella del controllo e della sanzione.

Come ho già descritto i rischi maggiori sono figli di un mancato rispetto delle regole o di una loro elusione tramite escamotage, azioni queste che ad oggi rimangono impunite, con danno non solo per chi invece le regole le rispetta, ma soprattutto per i fruitori stessi.

Oscar Zuccatti

Oscar Zuccatti Al Campo Educazione Cinofila asd Progetto UluLove Oscar Zuccatti: Laureato in Sociologia ed Educatore Socio-Pedagogico da sempre affascinato dal mondo animale e in particolare da quello cinofilo. Nel suo lavoro di educatore ha la possibilità di incontrare il mondo della Pet Therapy e dal 2011 é responsabile di tale servizio per Anffas Trentino Onlus. Partecipa direttamente a progetti d’intervento in ambiti diversi, svolgendo fino ad oggi più di 4000 ore di attività. Negli anni segue svariati corsi, stages e workshop, oggi è Educatore Cinofilo Fisc di 3° livello, formatore in ambito Iaa (Pet therapy) e preparatore dei binomi. Referente d’intervento per le Eaa Responsabile di Attività Coadiutore del Cane Coadiutore del Gatto e Coniglio Presidente Al Campo asd Componente e cofondatore del progetto UluLove

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