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Gli invisibili: la sofferenza dei cani abbandonati in giardino

Sono migliaia e migliaia in tutta Italia, sono soli, tristi, spesso sporchi e trascurati, costretti per sempre in una condizione innaturale fonte di grave sofferenza emotiva, seri problemi comportamentali e rischi per la loro stessa vita

Sono gli invisibili, cioè i cani abbandonati in giardino, creature indifese che neppure la legge, che pure esiste, sembra voler salvare.

Di Andrea Comini

“Fine pena mai”

Da tempo sappiamo che il cane è sostanzialmente una sottospecie del lupo, infatti la corrispondenza del rispettivo Dna è quasi del 99%.

Non a caso, lupi e cani possono accoppiarsi e generare figli fertili, e lo fanno da sempre.

Ma le implicazioni più importanti sono di ordine psicologico.

Infatti, come il lupo anche il cane è un predatore sociale, sia pure in versione “infantile”, dunque una creatura geneticamente programmata dall’evoluzione esclusivamente per la vita di gruppo.

Nella mente dei lupi e anche in quella dei cani, l’allontanamento dal branco significa essere rifiutati dalla propria famiglia, un trauma terribile perché la solitudine è spesso l’anticamera della morte, per un lupo.

In natura, però, a volte sono proprio i lupi solitari che, incontrandosi, danno vita a un nuovo branco.

Il cane costretto a vivere separato dal suo “branco umano”, invece, subisce ogni giorno il trauma dell’allontanamento ma senza alcuna opportunità di crearsi una nuova vita: “fine pena mai”, come per i condannati all’ergastolo.

Solo che il cane abbandonato in giardino non ha commesso alcun crimine.

Perché accade?

Abbandonando il cane all’esterno, rinunciamo a tutto ciò che la sua presenza ci dona: compagnia, allegria, empatia, affetto, divertimento, crescita emotiva, per fare qualche esempio.

Perché farlo, dunque?

Perché a chi lo confina all’esterno, del cane non importa nulla: a volte è visto come una sorta di “arredo” del giardino, quasi un complemento necessario al risultato estetico, oppure come un “antifurto vivente”; in altri casi ancora è stato il giocattolo dei bambini da cucciolo ma ora che è cresciuto, e che ai bimbi non interessa più, viene messo da parte.

Il vuoto morale di questi individui viene superato soltanto da quello di chi, invece di relegarlo all’esterno, abbandona il cane in mezzo a una strada e fugge in auto.

Basterebbe la logica

Certo, gli argomenti fin qui esposti possono far leva su una sensibilità già evoluta, ma sappiamo bene che non tutti hanno tale predisposizione all’empatia.

Proviamo allora con un paio di argomenti puramente pratici che, secondo logica, dovrebbero evitare l’abbandono all’esterno.

Se è costantemente esposto alle intemperie, l’organismo del cane si difende aumentando la produzione di grasso cutaneo, che protegge dal freddo e anche dal caldo ma che, per il nostro olfatto, “puzza”.

Paradossalmente, però, il cattivo odore del cane è uno dei motivi che molti adducono per giustificarne l’abbandono all’esterno.

Nel caso dei molti cani scelti come “guardiani”, invece, dovrebbe essere ovvio che sia molto più facile neutralizzarli se stanno all’esterno (con bocconi avvelenati, per esempio), mentre entrare in una casa da un varco dietro il quale ci sono 42 denti affilati mossi da un cane che difende il suo territorio è tutta un’altra faccenda. Eppure…

Problemi comportamentali e sofferenza

La separazione dal branco famigliare spinge spesso il cane a destinare ogni energia e attenzione alla difesa dell’unica risorsa che gli è rimasta, il territorio dove vive.

Per ragioni facili da comprendere, questo spazio a volte diventa totalmente “suo” e nessuno, a lungo andare, potrà attraversarlo indenne, neppure i proprietari. 

Il carico di stress, di solitudine, di noia e di inattività fisica causati dall’impossibilità di interagire con qualcuno inducono sovente anche comportamenti ossessivo-compulsivi e stereotipati simili a quelli che si osservano negli animali rinchiusi negli zoo e che possono giungere fino all’automutilazione.

La mancanza di contatto sociale con i propri simili e con gli esseri umani evolve poi in desocializzazione, con conseguente insorgenza di paure, accompagnate facilmente da comportamenti aggressivi di autodifesa, i più pericolosi in assoluto.


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Poi c’è la sofferenza emotiva cui abbiamo accennato all’inizio, una pena infinita e struggente, una tortura psicologica che non trova mai sollievo.

Tutte queste ragioni, e altre ce ne sarebbero, spiegano chiaramente perché il posto del cane sia dentro casa, con noi. E se l’idea proprio non ci piace, è molto semplice: basta non prendere un cane.

È ora di cambiare

I cani relegati perennemente in giardino o in cortile, dove spesso trascorrono tutta la loro triste vita perché non vengono neppure portati a fare almeno una passeggiata ogni tanto, costituiscono una palese violazione della legge, visto che all’art. 727 comma 2 del Codice Penale si prevede la punizione per “chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze.


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Abbiamo visto che la solitudine costante è del tutto incompatibile con la natura del cane e per questo fonte di gravi sofferenze psicologiche e di tanti altri problemi.

Ma nessuno viene punito per questo nel nostro Paese, perché la consapevolezza che di reato si tratti pare del tutto assente tra le forze dell’ordine, i magistrati e molti cittadini.

È ora di cambiare, di aprire gli occhi e di salvare gli “invisibili”.

Andrea Comini

Educatore e istruttore cinofilo fisc da oltre vent'anni, consulente sui problemi comportamentali, si è formato con Carlo Marzoli, Inki Sjosten, David Appleby, Roger Abrantes, Joel Dehasse. Studioso di etologia del cane e del lupo, docente in diversi corsi di formazione per educatori. Giornalista professionista.

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