Notizie e curiosità sul cane

Leggenda narra che il Labrador nasca dall’incontro tra un cane ed una lontra

Leggenda narra che il Labrador nasca da questo magico incontro. Lo abbiamo immaginato così…con la fantasia del nostro esperto cinofilo e allevatore Manuel Punta

Ho provato a immaginare quel momento.

NEWFOUNDLAND, quasi 1800.

Il sole aveva superato il punto più alto e si trovava a metà del suo percorso pomeridiano. Gli odori di alghe e pesce portati dal vento del mare, carezzavano le foglie dei cespugli della baia e la marea erodeva la costa nei tratti sabbiosi

Otty aveva trascorso la sua giornata con le compagne della zattera, stretta a loro, o poco lontano…

Si era tuffata in mare, era risalita a prendere il sole sul suo tronco preferito, aveva giocato e mangiato, mangiato e giocato. Le piaceva tantissimo raccogliere i piccoli molluschi che decoravano gli scogli e le barche, lasciate dall’uomo a marcire poco lontano dalla sua tana.

Le sue zampette, quasi manine, erano svelte e sapienti nello staccare, portare alla bocca, aprire. E a volte si aiutava addirittura con alcuni sassi nel suo mestiere.

Non tutte le lontre sapevano usare strumenti, ma Otty era una di quelle.

Lo aveva imparato da sua madre, che era stata il capo zattera, ma ora non era più con lei.

Era sparita in primavera, durante una giornata calda e umida, dopo che un uomo si era avvicinato con un pesce e l’aveva chiamata facendo uno strano verso e con un rampino in mano.

Era curiosa la sua mamma, e anche Otty la era. E per questo le sue amiche la mettevano spesso in guardia.

Le facevano capire che non doveva fidarsi, che doveva rimanere con loro. Emettevano dei suoni dolci e ritmati, simili alle fusa dei gatti per tranquillizzarla. La chiamavano con piccoli fischi se si allontanava troppo e, se non tornava, andavano a cercarla e la riportavano a casa.

Erano tutte femmine le sue amiche, i maschi vivevano altrove. Stavano per gli affari loro, a fare i maschi…

Che strano, pensava Otty. Perché non potevano vivere tutti insieme?

Forse perché era sempre stato così, si rispondeva. E rispondeva in quel modo ad ogni domanda per la quale non aveva trovato una risposta.

Adesso, col sole più basso sull’orizzonte, stanca da una giornata intensa, Otty si era lasciata trasportare dalla corrente, sdraiata in acqua a pancia all’aria, sgranocchiando una conchiglia molto dura da aprire, e non si era accorta che si stava allontanando dalla zattera delle compagne di giochi. Dalla sua famiglia.

Ed era arrivata al limitare del porticciolo degli umani. Dove stavano le barche più vecchie e malridotte, dove c’erano quelle strane tane usate dall’uomo. I Capanni, li chiamavano. E in quelle preparavano le cose che servivano per uscire in mare.

Si accorse della sua deriva e sentì un vociare sommesso. E sgusciò veloce dietro ad un palo d’ormeggio parzialmente sommerso dall’acqua.

Poco lontano da lei, a riva, su una spiaggetta di sassi e sabbia, un umano stava giocando con una nuova creatura.

Non ne aveva mai vista una così, Otty. Era nera e aveva quattro zampe, come lei. Ma era più grande e veloce sulla terra.

Correva e saltava ascoltando l’umano, aveva il pelo bagnato e sporco di sabbia ed una lunga lingua che penzolava al lato della bocca. Una coda come la sua, proprio come la sua, e delle buffe orecchie attaccate un po’ dietro la testa. Quelle però erano più grosse di quelle che conosceva e la facevano divertire…

“John! Vieni qua John!” diceva l’umano rivolto a questa creatura. E aggiungeva “Porta John! Bravo il mio cane” lanciando un ramo grosso e pesante.

E John lo riportava. Una volta, due volte, cento volte.

Lo riportava sia che finisse al limitare dei cespugli, sia che finisse in acqua. E come nuotava  bene per andarlo a riprendere. Nuotava quasi come lei, quasi come la piccola Otty.

La giovane lontra non si stancava di ammirarlo; aveva capito, non sapendo come, che era un maschio, e ammirava il suo pelo lucente, malgrado sabbia e salsedine. E il suo modo di scuotersi cercando di pulirsi.

Si comportava proprio come lei quando la sera faceva la toeletta di fine giornata. E liberava nella luce della sera schizzi d’acqua e sale.

Era emozionata e stranamente felice, come quando le capitava di mangiare una bella anguilla o un grosso pesce, o come quando si lasciava scivolare dalla riva all’acqua a tutta velocità.

E avrebbe avuto voglia di avvicinarsi.

Ma tanta voglia…

Proprio allora, mentre stava per ascoltare il suo istinto, i fischi delle sue sorelle la richiamarono all’ordine. E John sparì col suo umano.

In un istante.

Nei giorni a venire Otty tornò molte volte al porticciolo, proprio vicino a quel palo da cui aveva scorto John con il suo compagno. E spesso lo ritrovò intento a giocare.

Erano giornate belle quelle in cui lo vedeva, e brutte quelle in cui non c’era nessuno.

Un pomeriggio accadde un fatto magico.

Otty si era avvicinata al palo di ormeggio e l’umano aveva lanciato un pezzo di sughero a pochi metri da lei.

E John era andato a prenderlo. Nuotando veloce, con la sua schiena dritta e forte e con le sue zampe poderose. E si era accorto di lei.

L’aveva vista e aveva rallentato. L’aveva guardata per un momento, coi suoi grandi occhi marrone scuro. Incuriosito. Stupito.

Ma poi si era voltato ed era tornato a riva con in bocca il pezzo di sughero.

E dalla riva aveva continuato a guardare verso di lei. Verso quella strana creatura, dal musetto furbo, dalle lunghe vibrisse e dalle orecchie piccole, che aveva visto attaccata al vecchio palo del porticciolo.

Era felice John, e non sapeva perché.

Da quel giorno anche lui trovò un motivo in più per andare al porticciolo. Oltre alla gioia che provava nel compiacere il suo vecchio padrone.

John sperava che il suo umano, un pescatore ormai stanco per le tante tempeste incontrate, lanciasse il ramo o il sughero o un pezzo di legno in acqua. E quando succedeva, faceva larghi giri per avvicinarsi al palo dove trovava sempre, SEMPRE, il buffo musetto con le piccole orecchie ad aspettarlo.

Venne il mese di settembre, e le temperature della baia si fecero più rigide.

Più rigide per l’uomo, perché per John e Otty, grazie al loro folto pelo, abituato alle fredde acque del nord, in realtà cambiava poco.

Ma il vecchio pescatore smise di andare al porticciolo.

La giovane lontra continuò nella sua piacevole abitudine. Triste quando non vedeva più il suo amato.

Ma John, iniziò a raggiungerla da solo, lasciando il padrone a casa e prolungando le sue corse solitarie e le sue nuotate: si sentiva attratto da lei come se fosse quella la parte che gli mancava, l’obbiettivo delle sue giornate, il tempo migliore della sua vita.

Si incontravano sempre nello stesso punto. Si guardavano e iniziavano a nuotare vicini, alternando curve e spruzzi, colpi di coda e versi sommessi. Si sfioravano in cerchi stretti, e Otty si immergeva passando sotto a John. E John la sosteneva quando lei, per riposarsi, si appoggiava a lui. E nuotavano, giocavano e nuotavano.

Una sera in cui le foglie ingiallite venivano portate dalla terra verso il mare, e la luce scendeva all’orizzonte rifratta da una lieve pioggia autunnale, con le voci dei marinai del porto stretti nelle taverne che diventavano una musica lontana, Otty e John, intenti nei loro giochi, nuotarono fianco a fianco, senza rimpianti, verso una vita da passare insieme…

Manuel Punta

Nato a Genova nel 1971, maturità scientifica e laurea in scienze politiche indirizzo internazionale (vecchio ordinamento – UNITO). Le mie radici cinofile affondano nelle passioni della mia famiglia, che in basso Piemonte si dedicava alla caccia ed alla cerca del tartufo. Nella mia giovinezza ho conosciuto diverse razze allevate amatorialmente (Setter, Pointer, Spinoni, Breton, Drahthaar) dai miei famigliari ed ho apprezzato il lavoro del cane e l’intesa col conduttore. Dopo aver lavorato per vent’anni nelle telecomunicazioni e, successivamente, nella gelateria di famiglia, ho concentrato le mie energie sulla mia passione. Attualmente sono titolare di una piccola pensione per cani a Settimo Vittone, nelle vicinanze di Ivrea, e allevo LABRADOR RETRIEVER. La mia esperienza coi LABRADOR è più che decennale. Attualmente sono un allevatore iscritto al registro, in possesso di affisso per la razza (ALPINE OTTER), in possesso del master allevatore ENCI ed iscritto all’albo fornitori cinofili della Polizia di Stato. Sottoscrittore del codice etico dell’allevatore e membro del RCI. Responsabile di attività in IAA. Da anni propongo a persone di tutte le età, tramite associazioni e centri cinofili, i miei incontri informativi che hanno lo scopo far conoscere gli scopi dell’allevamento etico e di parlare della mia razza e delle sue potenzialità. Il mio motto è #piùlabradorpertutti

Manuel Punta ha 3 articoli e più. Guarda tutti gli articoli di Manuel Punta