Notizie e curiosità sul caneEducazione cinofila e relazione con il cane

Pastore Bianco Svizzero: anima candida dal cuore caldo

Quando lo incontri lo riconosci subito: è bianco, ma bianco proprio, con il pelo semi-lungo o lungo.

É molto bello e appariscente, e spesso anche altrettanto vivace, facile all’abbaio di eccitazione o di richiesta di attenzione; in genere è anche molto “carico” e desideroso di fare.

Cosa fare esattamente non lo sa ma si aspetta che gliela dica il suo umano, per il quale spesso stravede.

È il Pastore Bianco Svizzero, già “Pastore Bianco Canadese” e, anticamente, “Pastore Tedesco Bianco”.

Di taglia medio-grande (max 66 cm al garrese per 40 kg i maschi), questo bel lupoide ha la corporatura atletica, lo sguardo acceso e il carattere vivace.

Spesso è giocoso e disponibile, con buone capacità di apprendimento.

E ha tutte per le doti necessarie per essere un brillante sportivo e un partner assai versatile.

In altre parole, è potenzialmente un gran cane ma è ancora poco diffuso dalle nostre parti, dove si registrano circa 5-600 cuccioli l’anno.

Come mai?

Paradossalmente, il rassicurante colore bianco ha rappresentato il primo freno alla diffusione della razza fin dall’inizio e, forse, tuttora ne ostacola in parte l’apprezzamento.

La storia del Pastore Bianco Svizzero inizia nella Germania ottocentesca con i “Pastori bianchi alsaziani”.

Uno di di questi in particolare, chiamato Greif von Sparwasser, è importante da ricordare perché era il nonno materno del famosissimo Horand von Grafrath, il primo soggetto registrato nel 1899 come Deutsche Schäferhunde da parte di Max von Stephanitz,  il “padre” del Pastore Tedesco.

Dunque, il mantello bianco era parte del patrimonio genetico del PT fin dall’inizio, tanto che cuccioli candidi apparivano piuttosto spesso nelle prime cucciolate.

Diversi fattori, in primis la troppa visibilità in ambito militare, portarono ben presto all’esclusione di questo colore da parte degli allevatori tedeschi e fu così che per tanti anni non si videro quasi più esemplari di quei primi Pastori bianchi in giro per l’Europa, salvo in ambito rurale in alcune zone centro-orientali, dove un mantello candido era apprezzato perché si mimetizza benissimo nella neve e con il colore della maggior parte delle pecore, consentendo al cane di agire anche da deterrente verso i predatori sbucando fuori dalla massa biancastra del gregge all’improvviso, spaventandoli.

Mentre il Pastore Tedesco bianco scompariva dal panorama cinofilo europeo, eccolo riapparire in Canada e negli Stati Uniti, a partire proprio dai primi anni del Novecento, nonostante anche Oltreoceano il mondo del PT lo osteggiasse, sempre per via del colore.

E proprio dall’America ripartì la storia della razza in Europa.

Infatti, negli anni Settanta e Ottanta del Novecento diversi esemplari vennero importati dall’America, nel 1982 nacque il primo club di razza tedesco e sette anni più tardi fu la volta di quello svizzero.

Nel 2002, finalmente, arrivò il riconoscimento provvisorio da parte della FCI e il patrocinio venne affidato alla Svizzera perché i Pastori Bianchi venivano iscritti all’appendice del Libro Origini Svizzero fin dalla fine degli anni Sessanta.

Il riconoscimento definitivo della razza come Pastore Bianco Svizzero è del 2011.

Ma chi è, caratterialmente parlando, questo cane dalla storia un po’ complicata?

Prima di tutto è un pastore e come tale è reattivo, ma in genere senza eccedere, e sopratutto sensibile e generoso. Non a caso, tra i cani impiegati nel soccorso dopo il terribile cataclisma delle Torri Gemelle di New York figuravano anche soggetti di questa razza.

Per restare in Italia, può essere interessante sapere che il famoso “Premio Internazionale Fedeltà di Camogli” nel 2018 è andato a due Pastori Svizzeri, Takoda e Anduril, della veterinaria ed etologa Clotilde Trinchero, per il loro grandissimo impegno e gli eccezionali risultati ottenuti come cani da Pet therapy.

Molto propenso a collaborare, il Pastore Svizzero può dare tanto in attività sportive come Agility, Obedience, Rally Obedience, piste di varia natura e così via.

Tutte cose altamente consigliate a chi lo sceglie, peraltro, perché l’energia psicofisica da scaricare su base quotidiana è senz’altro notevole in questo cane, nonostante lo standard FCI indichi curiosamente “cane da compagnia e da famiglia” alla voce “utilizzazione”.

E viene da chiedersi il perché…

Molto affettuoso, lo “svizzero” dev’essere integrato in toto nella vita del suo “branco”, al quale si lega in maniera indissolubile, tanto da avere anche valide doti di guardiano.

Questo suo attaccamento, però, lo espone a volte al rischio di sviluppare problemi da separazione, quindi è bene abituarlo gradualmente alle ore di solitudine. Logicamente, non è pensabile abbandonarlo a vivere in giardino: soffrirebbe tantissimo, come la stragrande maggioranza dei cani.

Un altro aspetto interessante del Pastore Bianco Svizzero è quello relativo alla salute osteoarticolare.

In genere, infatti, l’incidenza dei problemi al treno posteriore è nettamente inferiore rispetto all’ormai lontano parente, il Pastore Tedesco.

Del resto, basta osservare la morfologia per notare come non vi siano angolazioni esasperate con conseguente groppa… in caduta libera.

Infatti, c’è chi identifica lo Svizzero con il PT “originario”, diversissimo dall’attuale sotto tale aspetto.

Tuttavia, il rischio di displasia esiste anche nello Svizzero e quindi bisogna accertarsi che l’allevatore selezioni correttamente, così come per alcune patologie ereditarie come la mielopatia degenerativa e la mutazione MDR1.

Andrea Comini

Educatore e istruttore cinofilo fisc da oltre vent'anni, consulente sui problemi comportamentali, si è formato con Carlo Marzoli, Inki Sjosten, David Appleby, Roger Abrantes, Joel Dehasse. Studioso di etologia del cane e del lupo, docente in diversi corsi di formazione per educatori. Giornalista professionista.

Andrea Comini ha 37 articoli e più. Guarda tutti gli articoli di Andrea Comini