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Pensioni per cani in Italia tra requisiti, abusi e rischi sanitari

Cerco professionisti che operano nell’ambito cinofilo, disposti ad esprimere un parere o un’opinione in merito al fenomeno delle pensioni casalinghe per cani.

In questo post esprimo le mie preoccupazioni e chiedo se l’etica professionale ed il benessere animale, possano permettere che la situazione attuale rimanga invariata, oppure, se non sia almeno il caso di capire tutti insieme quali espedienti vengono adottati per gestire, in un appartamento, una pensione per cani senza i requisiti obbligatori imposti dalle ASL veterinarie.

Potremmo non affrontare questioni sanitarie, come ad esempio possibili malattie infettive ancora in incubazione che rischierebbero di contagiare gli altri cani tenuti tutti assieme in pensione in appartamento.

Si potrebbe discutere strettamente di aspetti legati all’educazione cinofila, come la gestione delle marcature o delle risorse o tutto quello che può venirvi in mente in un contesto dove c’è il cane che esce e il cane nuovo che arriva.

Considerando, inoltre, che spesso, se non sempre, sono già presenti uno o più cani di proprietà del gestore della pensione casalinga.

E con questo non voglio riferirmi a chi gestisce uno o due cani utilizzando il passaparola, ma a coloro che “aprono” una pensione per cani denominata “casalinga” e che si promuovono su Facebook o piattaforme online in cerca di clienti.

Affronto queste tematiche dal 2014 e l’unico vero successo, è quello di aver ottenuto, grazie all’aiuto di un partito politico, un’interrogazione parlamentare al Ministro della Salute e al Ministro dell’Economia e delle Finanze su come intendono intervenire in merito a questa professione non autorizzata MA PRATICATA alla luce del sole.

Suppongo che per questa ragione, sarebbe più saggio per noi cinofili capire l’entità del problema e come intervenire attraverso una presa di posizione in merito a questo fenomeno, piuttosto che aspettare, senza dir nulla, che sia la politica ad intervenire prima di noi.

Il post è un pò lungo, ma in queste poche righe credo di aver già detto a sufficienza per poter iniziare un confronto o esprimere un’opinione senza dover leggere fino in fondo il mio approfondimento qualora non ne abbiate voglia.

Etica e Ruoli nella professione cinofila

Digitando in rete pensione casalinga per cani, è facile trovare moltissime persone che si promuovono per esercitare questa professione all’interno di condomini o più in generale, abitazioni private. Per dare un’idea su quanti possano essere, basta dire che troviamo perfino piattaforme online e una delle più audaci vanta oltre 65.000 (sessantacinquemila) affiliati.

L’attività di custodia cani, indipendentemente dal numero di ospiti che si intende accudire, è regolamentata dall’autorizzazione sanitaria, ed è così importante che resta obbligatoria al di là delle competenze che un professionista può avere in ambito cinofilo.

In altre parole, anche veterinari, educatori e istruttori cinofili e dog sitter, hanno questa obbligatorietà.

Pensioni per cani tra requisiti e abusi

Uno tra i requisiti per ottenere l’ autorizzazione sanitaria è il distanziamento di centinaia di metri dal vicinato. Quindi è facile capire che chiunque esercita l’attività di pensione per cani tra le mura domestiche, sta commettendo un abuso. Infatti l’autorizzazione sanitaria nasce non solo per tutelare il benessere animale, ma anche quello dei vicini di casa.

Per ovviare al bisogno o al desiderio di non lasciare il proprio cane in una pensione autorizzata, è sufficiente che il proprietario assuma, per i giorni necessari, una persona che si occupi del cane a casa propria.

L’alternativa è quindi legale e preserva il benessere del cane.

Quindi la diatriba tra pensioni casalinghe e pensioni autorizzate, potrebbe non esistere in quanto il cane potrebbe essere accudito a casa propria.

Alternativa, credo, che andrebbe proposta da quella grande fetta di professionisti cinofili contrari alle pensioni autorizzate con box. Sicuramente, un suggerimento molto più professionale e disinteressato piuttosto che promuoversi, o promuovere, chi decide dove, come e quanti cani accudire senza nessun controllo sanitario o autorizzazioni.

Coloro che invece non ce la fanno, e credono che sia giusto che continuino ad esercitare l’attività di pensione per cani all’interno della loro abitazione, dovrebbero essere pronti a un confronto, proporre delle idee, un numero massimo di cani consentito…

Insomma, delle soluzioni per apparire seri e poter chiedere una regolamentazione alle autorità sanitarie con dei protocolli e alternative credibili.

Non voglio generalizzare e capisco che il buono e il cattivo si trovino ovunque, anche tra gli autorizzati. E non ce l’ho con chi utilizzando il buon senso e il passaparola, gestisce uno o due cani in pensione a casa propria. E’ sempre accaduto. Diventa tollerante così come per alcune baby sitter che accudiscono uno o due bambini nella loro abitazione. Diverso sarebbe se queste baby sitter dovessero aprire in casa loro un asilo o un campo estivo, senza fare distinzione tra la custodia solo diurna o anche notturna non autorizzata e regolamentata. Diventerebbe un fatto gravissimo. Ed è per questo che non accade: ci sono di mezzo i bambini!!!

Per il cane, invece, mentre chiediamo che venga rispettato come fosse un bambino tutto questo accade, negandogli di fatto gli stessi diritti acquisiti che hanno i bambini.

A dimostrazione che per il cane ci sono già leggi da rispettare per ogni forma di accudimento, basta citare gli asili diurni per cani, già presenti sul territorio e anche loro con obbligo di autorizzazione sanitaria. Non sono previste distanze particolari dalle abitazioni, per questa ragione bisogna ottenere il parere favorevole dei condomini come qualsiasi altra attività che viene a svolgersi in ambito condominiale.

Capiamo quindi che quando parliamo di custodia cani, e non solo H24, viene stabilito un numero massimo di ospiti, esistono normative atte alla prevenzione, adeguamenti sanitari e fiscali, reali polizze assicurative.

Perchè negare ai vicini di casa e al cane questi diritti? Per il bene di chi?

Mi sento a disagio quando in alcune note scuole cinofile, mentre si parla di benessere animale e deontologia, capita poi di trovare gli stessi educatori che si promuovono in rete per la pensione casalinga utilizzando il logo stesso della scuola.

Agli stessi è stato consigliato di inviare una circolare ai propri associati specificando che il loro attestato abilita all’educazione cinofila e non alla pensione per cani e, poichè si tratta di scuole, potrebbero loro per primi spiegare quali sono le normative vigenti in merito alla custodia cani.

Quindi se ancora oggi dovessimo trovare educatori cinofili che offrono il servizio di pensione casalinga, credo che tutto l’ambiente cinofilo professionale verrebbe coinvolto cadendo in una forte contraddizione: da un lato, com’è giusto che sia, si asserisce l’importanza di avere un attestato da educatore cinofilo prima di esercitare. Dall’altro lato, invece, nonostante la pensione per cani sia da sempre una professione regolamentata, si promuove o si tollera la pensione casalinga che non è a norma.

Molti di coloro che vengono definiti esperti se non guru della cinofilia si prodigano in monologhi sulla drammaticità del cane custodito in una pensione autorizzata con box che diventano “gabbie”.

Scrivono di stress, traumi, innappetenza, diarrea…Non spiegano però in che modo riescono in un appartamento e in presenza di altri cani, a prevenire o risolvere problemi legati allo stress, traumi, inappetenza e, già che è stata tirata in ballo, la diarrea…

Non bisogna essere maliziosi per capire che qualcosa stona se alla fine del racconto drammatico, viene consigliato di rivolgersi a “PROFESSIONISTI” che accudiscono amorevolmente il “PROPRIO” e altri “POCHI CANI” in casa loro .

A che numero corrisponde pochi più il loro cane? Professionista chi lavora fuori dalle regole?

Inoltre creano confusione tra canili che lavorano in emergenza (e anche per loro non andrebbero dette tutte queste sciocchezze) e pensioni autorizzate.

Da esperti cinofili quali sono, possono portare la gente comune a credere che se un cane si traumatizza per pochi giorni in una pensione per cani, di conseguenza e a maggior ragione, sono traumatizzati anche i cani che da anni vivono nei canili o rifugi in cerca di adozione.

Per il benessere del cane si spacca il capello in quattro su ogni argomento, creando differenti scuole di pensiero. Pettorina e collare è l’esempio emblematico. Bene! Ma confrontiamoci anche sulla gestione della pensione casalinga. Entriamo nei particolari, nei dettagli, rispondete a qualche domanda. Sdoganiamolo come argomento tabù. E’ un appello rivolto a tutti!

Nella gestione delle pensioni casalinghe, ognuno decide per sè, non ci sono regole da rispettare: gli unici che possono dare spiegazioni sono coloro che le gestiscono o le promuovono. Noi possiamo fare solo delle ipotesi e sarebbe ad ogni modo interessante sentire il parere di tutti.

Per una pensione autorizzata, invece, ci sono regole da rispettare introdotte dalle autorità sanitarie.

Se si volessero informazioni sulle pensioni autorizzate, oltre i gestori potrebbero rispondere direttamente i veterinari delle ASL. Veterinari che vengono trattati da incompetenti perchè sono proprio loro che impongono normative dannose e traumatiche per la custodia dei cani. Credo che questo atteggiamento non sia nè serio e neanche prudente per la cinofilia. In sostanza, si sta insultando coloro che con buone probabilità dovranno esaminarci quando l’educazione cinofila diventerà (speriamo) una professione regolamentata.

Banalmente le gabbie sono proibite per la pensione per cani e quindi, chi lavora in modo professionale non potrebbe utilizzarle anche se volesse. Questa regola però non viene resa nota, ma anzi occultata da parte dei cinofili “no gabbie” che denigrano ciò che la legge già prevede.

Proviamo a pensare se invece di dire sempre e solo “No gabbie” dicessero: No box a norma con reparto interno ed esterno; No aree verdi private e recintate in sicurezza; No reparto toelettatura; No scarichi fognari dedicati ai cani; No distanziamento dalle abitazioni private; No ufficio con servizi igienici per i clienti; No reparto infermeria; No numero massimo di cani consentito; No a controlli a sorpresa o a campione; No tutele legali ed assicurative per il cane e per il cliente.

Ognuno di questi NO corrisponde a quanto risulta inesistente nelle pensioni casalinghe,

Disporre solo di una casa per gestire una pensione per cani, significa non avere nulla in più rispetto a chi è autorizzato o a chiunque di noi. Una casa, ci si augura, l’abbiamo tutti. Ed è questa la ragione che permette di aprire dall’oggi al domani una pensione per cani: non richiede nessun rischio di impresa, nessun investimento economico ma solo guadagni. E per non far capire quanto sia semplice aprire un’attività così frivola, fanno credere che chi è autorizzato non possa mettere a disposizione la propria abitazione in caso di bisogno.

In conclusione, se non si accetta un confronto spiegando in che modo si esercita un’attività non autorizzata, sembra che l’unica scoperta fatta fino ad oggi sia l’aver tradotto malamente il termine globalizzato box, in “gabbia”. Una traduzione controtendenza per creare lo slogan “no gabbie”, in un ambiente lavorativo dove il cane è diventato dog.

Fa riflettere che anche gli stessi “no gabbie” utilizzano rigorosamente il termine “Kennel” per definire il trasportino da viaggio. Forse, visto che al contrario del box viene chiamato Kennel e non gabbia, riescono a vederlo come uno strumento utile. Consigliato per la gestione del cane o dei cani anche in casa e non solo in auto. Questo perchè diventa un luogo sicuro, un rifugio, una tana dove stare…

E senza abusarne, su questo utilizzo del kennel, siamo più o meno tutti d’accordo.

Ma una domanda nasce spontanea: l’alternativa dei no gabbie, è sì kennel?

Grazie a chi vorrà dire qualcosa!

Cosimo Lentini

Cerco professionisti che operano nell'ambito cinofilo, disposti ad esprimere un parere o un'opinione in merito al…

Pubblicato da ANPCA su Lunedì 23 maggio 2022

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