Cani e società

Il cane caregiver: l’amico di famiglia che ci aiuta

La relazione con un cane è una sorta di farmaco naturale polivalente. Previene e lenisce tanti disturbi psicofisici perché migliora l’umore ed è una fonte continua di sorpresa e di piacere.

L’amico a quattro zampe ci distrae, ci fa divertire, esce volentieri con noi, è felice quando torniamo a casa, ci commuove e ci strappa sorrisi anche nelle giornate più brutte. A volte ci può stancare e disturbare, se siamo particolarmente stanchi o concentrati su qualche cosa d’altro: ma se sappiamo come diglielo sta buono e aspetta i nostri tempi con fiducia e senza averne a male. Se siamo chiari, coerenti e autorevoli con lui quanto affettuosi, ne riceviamo ben più che la semplice compagnia. 

Oltre a essere di per sé salutare, il rapporto con il cane può diventare perfino terapeutico:

gli effetti positivi sono ormai documentatissimi e sono la base della cosiddetta “Pet Therapy”, o meglio gli IAA (Interventi Assistiti con Animali). Inoltre, il cane può svolgere anche un ruolo di assistenza, assimilabile a quello degli operatori sanitari specializzati: ci sono i cani dediti ai non vedenti e agli ipovedenti, ai non udenti, ai disabili motori, o che aiutano in casi di disturbi e malattie come il diabete, l’epilessia, l’autismo o il disagio psichico. In questi casi, sono cani preparati che collaborano con operatori altrettanto specializzati, inseriti in una équipe con supervisione medico-sanitaria. (Vedi questo mio articolo su Dogsportal>>). Infine, ci sono anche i cani per la ricerca biomedica che indirettamente “lavorano” per la nostra salute aiutando la medicina (vedi questo mio altro articolo)>>. 

Il cane partner competente 

Ma c’è una fascia di impieghi del cane a metà strada fra la pura compagnia e l’assistenza specializzata operativa “professionale”. Sono i cani “caregiver”, ovvero quelli che ci aiutano con qualche abilità appresa in più rispetto a quelli che semplicemente svolgono il loro ruolo di membri della famiglia. Non sono “professionisti” ma hanno imparato a fare qualcosa di molto specifico per aiutarci.Non sono medici né infermieri, insomma, ma se fossero persone umane sarebbero capaci di farci una puntura, all’occorrenza di misurare la febbre, darci un medicinale, chiamare un medico. 

Chi sono i caregiver?

I caregiver umani

….sono i famigliari che con amore, passione, fatica e competenza aiutano persone non autosufficienti o malate. È un compito gravoso che ricade quasi sempre sulle spalle delle famiglie, e in particolare delle donne, quello di facilitare la vita di anziani allettati o malati cronici, disabili motori, persone con problemi psichici, malati con patologie gravi e invalidanti. Non sono “badanti”, ovvero non lo fanno per lavoro: il caregiver  è un famigliare che spesso è impegnato 24 ore su 24 ed è responsabile della vita della persona che sostiene: è sorvegliante, aiutante, infermiere, amministratore, assistente. Deve impratichirsi in una molteplicità di campi anche se non è un professionista. Non è un lavoro retribuito, anzi le famiglie sostengono costi non indifferenti sia economici sia psicologici, perché l’assistenza sociale pubblica è tuttora inadeguata; quella privata ovviamente è solo per chi se la può permettere. Fatica e stress, isolamento e solitudine sono il pane quotidiano di chi deve fare la spesa, lavare, nutrire, seguire le cure mediche per i propri congiunti in difficoltà, aiutarli a uscire e muoversi, soccorrerli e proteggerli dai rischi di incidenti o crisi acute nel caso di malattie particolarmente insidiose. È un problema sociosanitario quasi insostenibile e molto diffuso.  

Ma c’è anche il cane a poterci aiutare.

L’ha sempre fatto: il rapporto con il cane ha sia un aspetto sociale sia un risvolto “terapeutico”, proprio come una relazione di amicizia non giova solo alla nostra sfera psichica ma ha anche effetti sulla salute fisica poiché i due campi sono collegati.  Ma in occasione del Lokdown il valore della sua presenza è venuta in luce in modo accentuato perché ha svolto anche involontariamente, più che mai, alcuni compiti propri dei caregiver: non solo ci permesso per forza di cose di uscire di casa, ma ci ha anche fatto molta compagnia nei mesi di chiusura in casa e di limitazioni nei movimenti, attenuando gli effetti peggiori della riduzione dei contatti sociali. Tanto è vero che in questo anno segnato dalla pandemia è esplosa l’adozione dei cani e dei pet in generale. 

Oggi il cane “di famiglia” ci può fare da caregiver  in molti modi. 

Il cane caregiver impara a fare qualcosa di particolare, ma che è alla portata di tutti i cani di ogni razza e genere, senza un vero e proprio addestramento ma avendo esperienza delle situazioni nelle quali può essere di aiuto, secondo i bisogni del proprietario. 

Il cane caregiver, insomma, è qualcosa di più del cane “da compagnia” e qualcosa di meno del cane da assistenza o “da lavoro”:

è un partner stretto, addirittura un alleato quasi indispensabile nella vita di una persona in difficoltà.

Ha un’ottima relazione con il proprietario ma è anche un aiuto esperto e sicuro in casi difficili. 

Cosa fa il “cane caregiver”? 

  • Aiuta a contenere le paure, ad acquisire sicurezza e serenità nelle relazioni
  • Offre una compagnia sicura e continua, anche se non “umana”
  • Aiuta a superare traumi emotivi e psichici 
  • Spinge a mantenere la forma fisica
  • Aiuta a instaurare e mantenere buone relazioni sociali. 
cane caregiver

Ecco alcuni esempi di cani che mettono le loro competenze al nostro servizio come “volontari esperti”.

Ci sono i cani “da lettura”, che aiutano i bambini tranquillizzandoli se hanno difficoltà di apprendimento e concentrazione e il timore di essere giudicati. All’estero ma anche in Italia si stanno diffondendo nelle scuole, nei doposcuola, nelle biblioteche e nelle associazioni; aiutano mettendo a proprio agio il bambino con leccatine, scondinzolamenti, cenni del capo; possono perfino consentire di alleviare la balbuzie e di contrastare la dislessia.  In genere lavorano con piccoli gruppi di quattro-cinque bambini che si mettono a leggere in loro presenza. Uno dei programmi oggi presenti anche in Italia è  R.E.A.D, Reading Education Assistance Dogs. Il cane da aiuto alla lettura deve essere mansueto e abituato a stare con i bambini. 

Ci sono i cani che intrattengono i bambini e gli adulti: nei centri di ricovero per anziani, nelle comunità, negli aeroporti alle partenze: non è una vera e propria “Pet Therapy” ma un’attività assistita “leggera” di intrattenimento, una forma avanzata di “animazione cinofila” ludico-ricreativa. Questo perché il cane sta solo per qualche minuto con persone che vanno e vengono, non ci sono “utenti” privilegiati. Tuttavia queste attività hanno anche risvolti terapeutici in senso lato, perché alleviano l’ansia e lo stress.

Negli aeroporti, per esempio, sono un toccasana nelle lunghe attese nei terminal, dove riescono perfino a ridurre in alcuni casi la paura di volare, come hanno dimostrato le esperienze cui ho fatto da supervisore tecnico alla Malpensa e a Linate.

Quelli impegnati negli aeroporti sono cani di proprietà dei volontari, avvezzi a stare in spazi ampi, in luoghi affollati e rumorosi, a muoversi sulle pavimentazioni lisce. Non devono essere addestrati ma semplicemente sensibilizzati all’ambiente: bisogna portarli a familiarizzare con i luoghi dove operare.

In aggiunta, possono essere anche già bravi a eseguire esercizi che divertono e fanno felici i bambini (sedersi, fare l’orsetto, alzare la zampa, salire sulla schiena): questo aggiunge divertimento e migliora i risultati dell’intervento, ma non è indispensabile. 

Su un gradino più elevato, ci sono i cani preparati a superare i traumi dovuti a incidenti e catastrofi: ma qui appunti si tratta di cani particolarmente dotati e addestrati. 

Che cosa sono gli IAA, Interventi Assistiti con Animali

Gli IAA comprendono interventi terapeutici (Terapia assistita con gli animali, TAA), educativi (Educazione Assistita con gli Animali, EAA) e ludico-ricreativi (Attività Assistita con gli Animali, AAA). I cani che vi vengono impegnati non sono cani d’assistenza (i quali vivono con il proprietario/utente e lo seguono individualmente) bensì sono quasi sempre cani dei coadiutori o di professionisti (psicologo, psicoterapeuta, fisioterapista) o animali residenti nella struttura. Intervengono con più di un utente per volta.  Hanno attitudini verificate una preparazione specifica, ma per il resto quasi sempre sono cani “da compagnia” che fanno un’attività di volontariato insieme al proprietario.

Per approfondire si può leggere il libro Gli straordinari talenti del tuo cane: Guida completa alle attività cinofile e agli impieghi sociali: sport, soccorso, assistenza, pet therapy e salute”, ed. Lswr, 2020.

Ci sono i cani impiegati nell’educazione, dai più piccoli agli adolescenti alle persone con bisogni speciali. Ci sono interventi di diverso tipo, calibrati sulle fasce d’età e il tipo di istituto.

Nelle scuole ci sono interventi dal contenuto conoscitivo, per avvicinare i bambini alla natura e agli animali e farli interagire con loro. Questo veicola anche valori altamente educativi: il confronto con il cane consente di esplorare emozioni e introdurre concetti importanti. Il cane non ti giudica, non ha rancore, non è geloso, ha una propria natura di animale diverso da noi ma possiamo comunicare e stare insieme… sono esperienze preziose e formative, che restano nella memoria per tutta la vita e fanno da fondamenta per un rapporto equilibrato con l’ambiente, la natura, gli animali e gli altri. 

cane caregiver
cane caregiver

In alcuni interventi, si fa ancora qualcosa di più: i bambini imparano a mettersi alla prova interagendo con un essere vivente e imparando ad addestrarlo. Ciò incrementa la loro fiducia in se stessi e l’autostima.  I cani più “specializzati” e ormai impratichiti negli interventi educativi, e più dotati, possono essere impiegati anche in casi di ricoveri ospedalieri prolungati, di difficoltà di relazione e disagi emozionali e psicoaffettivi nell’infanzia e nell’adolescenza, nelle le istituzionalizzazioni in comunità e la reclusione. Ma qui siamo già in un ambito di vero e proprio intervento assistito che coinvolge un’équipe multidisciplinare. Il cane che sa occuparsi attivamente di una persona sale di grado, insomma e diventa un semiprofessionista. Una sperimentazione recente cui ho partecipato come direttore tecnico è stato un progetto sul bullismo. Il ragazzo bullizzato cresce nell’autostima perché impara a educare il cane; quello che abbiamo seguito con un istruttore cinofilo ha iniziato a familiarizzare con il cane e ad addestrarlo; ha fatto poi il dog sitter e l’animatore in un villaggio-vacanze superando molte sue insicurezze. 

Un altro tipo di cane caregiver è quello che aiuta il terapeuta durante una seduta.

Psicologi e psicoterapeuti traggono vantaggio dalla sua presenza perché il cane fa da mediatore, favorisce la tranquillità del paziente e la confidenza dello stesso professionista. È un’esperienza sempre più diffusa, come si sta diffondendo la possibilità di portare e tenere il cane con sé al lavoro e in ufficio, in accordo con l’azienda e i colleghi: il cane non deve far nulla di particolare, ma si è visto che riduce lo stress a e favorisce perfino la produttività. 

Ci sono i cani che vivono nelle strutture di ricovero e cura, sorta di mascotte con una marcia in più.

La loro sola presenza è di beneficio ai pazienti ricoverati. Negli Usa, quelli preparati specificamente a svolgere un ruolo più attivo (visitare i pazienti e intrattenerli, fare giri “di ricognizione”) sono definiti Facility Dogs. In Italia non siamo così legati alle classificazioni stringenti ma cominciano a esserci cani residenti nelle strutture a svolgere informalmente questi compiti.

Il cane caregiver, in un certo senso, è anche quello che viene a camminare e a correre con noi, senza fare un’attività cinosportiva codificata particolare ma semplicemente condividendo un’attività di movimento anche intensa, una lunga passeggiata o un percorso-vita.

cane caregiver
cane caregiver

Può anche acquisire una o più abilità specifiche: saltare a comando, starci al fianco senza intralciarci durante la corsa veloce, correre al guinzaglio a fianco della bicicletta con sicurezza (è una delle attività più difficili, che va fatta solo con cautela e con cani che hanno appreso il da farsi). Sono competenze aggiuntive che fanno la differenza. Richiedono una certa predisposizione ma anche un’attitudine individuale, dovuta al desiderio di condividere con noi momenti di gioia che fanno bene a entrambi. Aiutano a mantenerci in forma e al tempo stesso ci donano benessere. Su un gradino più elevato, in questo campo del benessere psicofisico ci sono i cani che fanno la Paragility insieme al proprietario in carrozzina, o altre attività cinosportive. Ne parlerò più approfonditamente in un prossimo articolo.

Una definizione americana che rientra nel campo dei cani “caregiver” è quella di “Emotional Dogs”: sarebbero i cani “assistenti emozionali” di persone che ne hanno bisogno per sentirsi sicuri e superare ansie, paure e fobie.

Negli Usa si è un po’ abusato di questo termine, trasformando in Emotional Dogs anche i semplici cani “da compagnia” e ottenendo il loro accesso anche sui voli aerei e in altre situazioni normalmente vietate ai cani, come supporto psicologico.  In Italia ci sono stati alcuni che hanno introdotto impropriamente questa definizione, ma si sta cercando più propriamente di delineare una via originale e non esterofila ma scientificamente fondata. Stiamo lavorando al Tavolo tecnico europeo del CEN TC452 per ottenere definizioni più precise e meno aleatorie di queste, che potrebbero creare facilmente confusione affidando ai cani compiti cui non sono preparati. Ad esempio, per aiutare negli attacchi di panico (PTSD – Post Trauma Stress Disorder) servono una certa preparazione e un certo tipo di predisposizione nel cane: il cane inesperto o instabile potrebbe risentirne e peggiorare la situazione.

Non è per tutti: il cane deve essere tranquillo, equilibrato, socievole, abituato a stare in luoghi e situazioni stressanti e a prendere iniziative adeguate in autonomia. 

Il tavolo tecnico europeo del CEN TC452 sta delineando delle linee guida vincolanti che faranno per esempio anche chiarezza sul tema dell’accessibilità dei cani nei viaggi, nell’ospitalità alberghiera e turistica e in altre situazioni affini. Al tavolo sto collaborando come Presidente dell’A.P.N.O.C.S – Associazione Professionale Nazionale Operatori Cinofili per fini Sociali. Si sta lavorando su questi temi: salute e benessere del cane, terminologia cinofila, training-addestramento del cane, formazione del trainer e valutazione, preparazione degli operatori, accessibilità. Vi terrò aggiornati sulle novità.

Altre info su APNOCS

Aldo La Spina

Aldo La Spina Esperto di comportamento animale riconosciuto a livello internazionale da APBC (Association of Pet Behaviour Counselor), educatore cinofilo ed esperto cinofilo nell’area comportamentale, è docente presso università ed enti di formazione. Dirige il centro di formazione cinofila Pet Format Net e il Centro Cinofilo Europeo. Già fra i fondatori e vicepresidente nazionale di APNEC, Associazione Professionale Nazionale Educatori Cinofili, è Presidente di APNOCS, Associazione Professionale Nazionale Operatori Cinofili per fini Sociali che si occupa di Interventi Assistiti con Animali (Pet Therapy) e cani d’assistenza, e direttore tecnico di MDDI – Medical Detection Dogs Italy onlus, che si occupa di cani d’allerta medica e per la ricerca biologica. È consulente per enti pubblici e privati. È autore dei libri Il cane nella pratica veterinaria (Edra), Manuale di educazione cinofila (Lswr), Emozioni a sei zampe (Terra Nuova), 100 idee per giocare con il tuo cane, In forma con il cane, Come calmare il cane, Come fare il Dog Sitter, I segreti per la lunga vita del tuo cane (De Vecchi), Gli straordinari talenti del tuo cane (Lswr).

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