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Ghosting, kennel e altri mostri…abbiamo dei falsi miti sul cane?

Ignorare il proprio cane al momento dell’uscita e altri miti diffusi. Davvero è importante?

Questa mattina è comparso nella mia home l’articolo di una famosa rivista che parlava di cani e dell ’”ansia da separazione” (ndr)
In questo editoriale veniva esaltato l’uso del kennel o trasportino e si ribadiva l’importanza di “ignorare il proprio animale” al momento dell’uscita“.

Senza dilungarsi troppo su alcune inesattezze riportate, vorrei sfatare alcuni dei falsi miti circa la separazione dal proprio cane.

L’entità nosografica “ansia da separazione” non viene più utilizzata o indicata nei testi, se non nei primissimi libri di medicina del comportamento.

Quando come MVEC ( Medico veterinario esperto in comportamento) vengo chiamata a supportare un paziente con questo problema si parla di ansia parossistica, con o senza componente anticipatoria, il cui contesto è situazionale e molto spesso associato ad un disturbo dell’attaccamento.


Ansia da separazione è un bel modo, facile, per farsi capire e per farsi indicare il problema dal proprietario, ma non è una patologia o un disturbo a sé.


 ansia parossistica

Fatta questa premessa entriamo subito nel merito dell’etologia.

Leggi anche: L’etologia per conoscere meglio i nostri cani: la rubrica su Dogsportal.it

Il cane è un animale sociale

Il suo gruppo può essere intra e/o interspecifico e la relazione che si instaura è alla base della quotidianità. In questo senso come OGNI animale sociale, al livello filogenetico il riconoscimento e la comunicazione con gli altri membri del suo gruppo sociale è fondante.

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Per questo motivo SIA alla riunione\incontro che alla separazione vengono effettuati i coreogrammi di greetings (di saluto).

Li potete osservare in TUTTI gli animali sociali.


Questi comportamenti sono fondamentali per il recall (ri-conoscersi) per rinsaldare il legame con il gruppo e per contenere stati emotivi, siano essi positivi o negativi (quali ad esempio entusiasmo o preoccupazione)

Tua madre che ti tira un buffetto perché sei rientrato alle 4 di mattina, ma comunque ti abbraccia, sta effettuando un rituale di saluto (con buona pace degli psicoterapeuti), il tuo coinquilino che ti urla “ciao” dall’altra stanza, il tuo collega di lavoro che ti saluta e ti chiede se vuoi qualcosa dal bar, stanno tutti effettuando dei greetings.

Apertura, svolgimento e chiusura di un’interazione, comprensione, comunicazione e prevedibilità, questi sono i motivi per i quali ci salutiamo prima e dopo.


Questo comportamento in termini evolutivi serve a stabilizzare il legame del gruppo a dare un segnale chiaro e preciso in caso di separazione (ad esempio se una parte del gruppo sociale dovesse allontanarsi) e per concludere e definire compiti e ruoli.

A livello ontogenetico questo ha inoltre un ruolo comunicativo e di relazione per il soggetto: essere salutati o meno vuol dire essere INCLUSI nel gruppo sociale, avere un ruolo essere visti e compresi.

Ma allora perché ancora oggi viene indicato di ignorare il cane?

Questo assunto, del tutto errato, si basa su fondamenti puramenti comportamentisti dove l’ignorare genera un riduzione dell’emissione dei comportamenti, per inibizione, rassegnazione, che all’osservatore inesperto sembra calma.

Secondo quest’idea, il fatto che il cane smetta di proporre segnali di disagio ed emettere un comportamento sgradito è una risoluzione, senza però che sia stato effettivamente risolto e riabilitato il problema di fondo: la preoccupazione, la paura, il disagio e l’errata comunicazione.


Ignorare il cane, in entrata o peggio ancora in uscita è definibile, utilizzando un termine in voga oggi, come ghosting.


In psicologia  il termine ghosting indica la sparizione improvvisa di una persona dalla vita sentimentale, relazionale, che smette di comunicare e quindi ci esclude dalla sua esistenza.

Se questo paragone può sembrarvi inappropriato o esagerato, sappiate che non lo è e per un animale sociale è una delle tante forme di ISOLAMENTO SOCIALE che a loro volta portano ad enormi problemi di adattamento.


Il cane in quanto membro del gruppo MERITA di essere salutato e MERITA di avere l’opportunità di apprendere che, a volte, parte del suo gruppo sociale dovrà allontanarsi senza di lui.


Con alcuni soggetti è un lavoro più semplice, con altri necessita di più tempo.


Per quanto riguarda il kennel, insegnare al cane ad utilizzarlo è un conto: ad esempio per il trasporto in auto o per motivi medici; utilizzarlo come una gabbia per tenerlo solo in casa, senza avere problemi, è un altro.


Non c’è alcuna motivazione per la quale un animale che abbia correttamente compreso ed appreso a rimanere solo in casa abbia necessità di essere rinchiuso in una gabbia, nemmeno in caso di possibili danni.

In quel caso si prepara una stanza a “misura di cane” proprio come faremmo con i nostri figli.

Non si elude il problema chiudendolo in un box a malapena grande per farlo sdraiare, solo per non avere il divano masticato.


I cuccioli?

I cuccioli sono poi un capitolo a parte.

Nei canidi la madre inizia gradualmente a lasciarli soli intorno ai 40 giorni, per brevi istanti, durante lo svezzamento, fino a periodi più lunghi di separazione che avvengono intorno ai sei mesi. Questo perché come ogni piccolo di mammifero, il legame materno filiale, le competenze nell’autogestione emotiva e nel vivere nel proprio ambiente, implicano dei tempi di apprendimento più o meno lunghi a seconda della specie.

Eppure noi vogliamo che il nostro cucciolo impari presto a stare solo, senza piangere e senza lamentarsi, magari (di nuovo) chiudendolo in un kennel per ore.

Tutto questo non è solo eticamente scorretto, ma anche etologicamente non adeguato alla specie.

Potrebbe essere dunque utile iniziare ad acquisire queste piccole competenze etologiche per imparare a vivere meglio il rapporto con i nostri animali, oltre a scegliere con più attenzione le fonti a cui attingiamo.



Chiara Boncompagni

Chiara Boncompagni, è medico veterinario esperto in comportamento animale e negli IAA FNOVI . E’ laureata in medicina veterinaria all’Università degli Studi di Perugia e in etologia presso l’Università degli Studi di Torino. Ha conseguito il master in medicina comportamentale presso l'Università degli Studi di Parma. È educatore cinofilo e Istruttore cinofilo riabilitatore, coadiutore del cane negli Interventi assistiti dall'animale. Ha contribuito alla stesura del libro “Legàmi”, che tratta della relazione uomo-animale, a cura della psicologa Giulia Simonetti ed è docente di diversi corsi per educatori ed istruttori cinofili e per i proprietari di animali.

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