Notizie e curiosità sul cane

Il Labrador Retriever nell’immaginario collettivo tra cinema e tv

Come si è formata nel grande pubblico cinofilo l’idea di labrador attualmente diffusa?

Si tratta di un processo partito da non molto lontano.

Fino agli anni settanta del secolo scorso, si può dire che il Labrador fosse esclusivamente o quasi un cane da lavoro. Fatto per il SUO lavoro, ovvero il riporto.

E non era nemmeno così diffuso fuori dal mondo anglosassone.

In Inghilterra e paesi limitrofi, in Nord America e Canada, molti cinofili si stavano però accorgendo che le qualità di questo cane si adattavano mirabilmente ad una moltitudine di funzioni.

In particolare, la sua qualità caratteriale saliente, denominata WILLING TO PLEASE (volontà di compiacere) che ha un posto di rilievo nel suo standard, lo rendevano estremamente duttile ed adatto alla famiglia.

Fu così che i numeri delle iscrizioni ai registri delle origini, iniziarono a salire.

Il ruolo della pubblicità nella diffusione del Labrador

In Italia un evento in particolare accellerò la diffusione e la conoscenza di questo cane.

Il primo grosso impatto sull’immaginario collettivo del Labrador si deve alla pubblicità della carta igienica Scottex.

Siamo negli anni ottanta, il periodo dei paninari e dell’edonismo reganiano, del consumismo e della crescita economica.

Della Milano da bere.

Un periodo di  musica elettronica e di apparenza, ma indubbiamente felice.

Le moto a due tempi inquinavano ed entusiasmavano ed al cinema avevano esordito i cinepanettoni.

I primi rudimentali PC facevano capolino ma, per telefonare, si usavano ancora i gettoni nelle cabine telefoniche.

Il cucciolo giocava col prodotto, spargendolo per tutta la casa, e lo spot recitava “lunga, resistente e morbida”, ma l’attenzione di tutti era attratta da quel cane giallo, cuccioloso al cubo, accattivante nel suo essere un dolce malandrino.

La spinta che quella pubblicità diede alla razza fu enorme, ma non scevra di problematiche…

Le criticità della pubblicità nella diffusione del Labrador

Innanzitutto, come per tutte le mode cinofile, l’aumentata richiesta influì negativamente sulla qualità e sulla salute dei cani, fornendo terreno fertile agli improvvisati ed ai disonesti.

Contribuendo ad aumentare le patologie delle quali la razza soffre e portandole fino ai giorni nostri.

In secondo luogo si diffuse l’errata convinzione che il Labrador fosse solo giallo, mentre ben sappiamo che in origine la razza era esclusivamente nera e che gli altri colori furono accettati solo successivamente.

Alla base della scelta del player internazionale, ci fu quello che tecnicamente si definisce MARKETING EMOZIONALE: si voleva fare leva sulle emozioni suscitate da un cucciolo per supportare le scelte del consumatore.

Ed effettivamente i piccoli Labrador di emozioni positive ne suscitano parecchie….

Da allora un crescendo unico vede il Labrador comparire nelle pubblicità del pet food ed in generale nel mondo della cinofilia.

Moltissime personalità hanno iniziato a scegliere questa razza, accogliendola nelle loro vite e film, telefilm e cartoni animati di grande successo hanno moltiplicato l’impatto del “cane della carta igienica” nel mondo.

Per farvi un esempio di DOVE sia arrivato il Labrador, vi basti sapere che il presidente degli US Bill Clinton ed il leader russo Putin, ne possedevano uno.

Buddy era il nome del maschio chocolate di Bill, che era vivace, affabile e giocherellone e lo seguiva nelle passeggiate.

Stava con lui nello studio ovale ed era amico del gatto di famiglia. Cane longilineo dal muso braccoide a cui i Clinton hanno voluto molto bene.

Successivamente a Buddy, morto investito da una macchina e celebrato nel PRESIDENTIAL PET MUSEUM, un altro labrador di nome Seamus arrivò nella famiglia.

Koni era invece il nome della labradorina nera di Vladimir Putin, che spesso lo accompagnava in eventi istituzionali, molto dolce e tranquilla.

Fonti di stampa la accreditano di un ruolo diplomatico durante gli incontri del leader russo con Angela Merkel che ama molto gli animali ed aveva un debole per la cagnolina del presidente russo.

Viene indicata sul web come uno dei “most powerfull dogs in the world”.

Non parlerò in questa sede dei cani di SUA MAESTA’ LA REGINA, ELISABETTA SECONDA.

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E non lo farò per due motivi:

Perché non basterebbe un articolo e perché qua non siamo di fronte ad un semplice proprietario ma ad un vero esperto ed appassionato allevatore.

Voglio solo ricordare la sua passione per i neri (che condivido), che venivano utilizzati nelle battute di caccia della regina stessa e dei suoi ospiti, e il fatto che questa razza viene considerata la preferita della giovane Elisabetta, donna dinamica, più ancora dei Corgi che teneva con sé a palazzo.

Se passiamo dalla politica allo spettacolo, tantissimi big italiani ne avevano uno.

Mi piace ricordare su tutti LUCIO DALLA che possedeva un DUKELAND giallo (affisso che rappresenta una delle eccellenze dell’allevamento italiano nel mondo).

E per i più giovani il cioccolatino del bravo STEFANO DE MARTINO.

E come dimenticare l’affetto e la commozione espressa da LINUS alla morte della sua amata Ilde, cioccolatina di 10 mesi, morta investita da un auto…

E CLAUDIO BISIO, fotografato col testone del suo labrador giallo di nome Casper che gli assomiglia pure un po’!

E quelli di FRANCESCO TOTTI, piuttosto che di GIANLUCA VACCHI, ecc…

Se poi incominciassimo a elencare la lista di star internazionali che posseggono o possedevano un labrador, faremmo notte.

Butto lì due nomi pesanti per tutti: LUCY LIU e TOM CRUISE.

Nel cinema il “labrador” maggiormente conosciuto è sicuramente MARLEY dell’omonimo film della spumeggiante coppia WILSON/ANISTON.

Il virgolettato è motivato dal fatto che per il film si sono usati cani diversi, alcuni meticci simili a labrador, e lo stesso cane protagonista del film viene definito un “labrador in saldo”…

A dire il vero ho sempre pensato che questo film facesse una pessima pubblicità alla razza, ma fortunatamente esalta il legame fra proprietario e cane che travalica i problemi e diventa il motore della nostra commozione.

Fa invece una bella pubblicità all’indole di una delle razze più apprezzato al mondo Vincent, il labrador della serie televisiva culto LOST.

Vincent dimostra nella serie il carattere docile e affabile che ha reso questa razza così diffusa, viene coinvolto nella trama e si interfaccia con più personaggi. Non rappresenta solo uno “sfondo” ma è un compagno di giochi, un esploratore, parte integrante degli eventi ed ha anche una sua propria storia.

La ricerca di Vincent è stata spesso usata dagli sceneggiatori della serie come pretesto per mandare i protagonisti incontro ad alcune importanti avventure,scoperte o imprevisti.

Anche in questo caso siamo di fronte a più cani attori che lo hanno rappresentato: una femmina di nome Madison ed un maschio di nome Pono di proprietà di una surfista.

Nelle serie animate, il labrador antropomorfo e parlante più conosciuto è indubbiamente BRIAN GRIFFIN dell’omonima produzione, non certo esempio di virtù…

Per chi non lo conosce, basti sapere che è razzista, alcolista e assume sostanze stupefacenti. Del resto i Griffin rappresentano una prodotto per adulti.

Un labrador presente in uno dei miei film preferiti è il giallo compagno di vita di Clint Eastwood nella pellicola Gran Torino: didascalico cane anziano che sottolinea, in un film crepuscolare, l’altra anzianità, quella del protagonista.

E venendo a tre serie più recenti e molto amate vorrei ricordare YOUR HONOR, ambientata a New Orleans, che ha una particolartità: rappresenta l’unica apparizione cinematografica di un labrador FOXRED (sfumatura scura del colore giallo ammessa dallo standard di razza) di cui si abbia evidenza.

Django il nome del cane, labrador bello e affezionato ai proprietari ma per motivi di copione epilettico, che ha un ruolo importante nella serie perché contribuisce alla scoperta di scomode verità.

Nella serie JOE PICKET, ambientata in WYOMING, Maxine è una femmina gialla, cane di casa e compagna di avventure del ranger protagonista di questa interessantissima storia, tratta da romanzi di grande successo. Lo segue ovunque e la si vede accanto a Joe sul suo fuoristrada spesso seduta sul sedile di guida.

E in ultimo un piccolo cameo in una puntata della famosissima serie TV Blanca, FUMO NEGLI OCCHI, ambientata fra Camogli e Genova, di un cucciolo di labrador nero.

La protagonista, Blanca Ferrando, regala ad un’altra ragazza non vedente come lei un cane per aiutarla nel suo percorso, purtroppo dimenticando che le associazioni che aiutano i non vedenti forniscono loro cani adulti già preparati dopo aver seguito un percorso lungo e difficile, sia nella selezione che nella formazione. E quasi sempre sono i nostri adorati retrievers. Ma, come si sa, il cinema è finzione.

Ora mi fermo altrimenti mi tocca scrivere un libro sul tema.

Manuel Punta

Nato a Genova nel 1971, maturità scientifica e laurea in scienze politiche indirizzo internazionale (vecchio ordinamento – UNITO). Le mie radici cinofile affondano nelle passioni della mia famiglia, che in basso Piemonte si dedicava alla caccia ed alla cerca del tartufo. Nella mia giovinezza ho conosciuto diverse razze allevate amatorialmente (Setter, Pointer, Spinoni, Breton, Drahthaar) dai miei famigliari ed ho apprezzato il lavoro del cane e l’intesa col conduttore. Dopo aver lavorato per vent’anni nelle telecomunicazioni e, successivamente, nella gelateria di famiglia, ho concentrato le mie energie sulla mia passione. Attualmente sono titolare di una piccola pensione per cani a Settimo Vittone, nelle vicinanze di Ivrea, e allevo LABRADOR RETRIEVER. La mia esperienza coi LABRADOR è più che decennale. Attualmente sono un allevatore iscritto al registro, in possesso di affisso per la razza (ALPINE OTTER), in possesso del master allevatore ENCI ed iscritto all’albo fornitori cinofili della Polizia di Stato. Sottoscrittore del codice etico dell’allevatore e membro del RCI. Responsabile di attività in IAA. Da anni propongo a persone di tutte le età, tramite associazioni e centri cinofili, i miei incontri informativi che hanno lo scopo far conoscere gli scopi dell’allevamento etico e di parlare della mia razza e delle sue potenzialità. Il mio motto è #piùlabradorpertutti

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