Notizie e curiosità sul cane

Il cane tra miti e religioni in tutto il mondo

Da quando è comparso sulla Terra il cane è stato protagonista di numerose leggende e credenze religiose, nel bene e nel male

C’è chi gli ha attribuito caratteristiche divine o qualità positive legate alla guarigione e alla fertilità, chi lo ha considerato un collegamento tra la vita terrena e l’aldilà, ma c’è stato anche chi lo ha considerato un animale impuro, un messaggero di morte associato al mondo dell’aldilà o, addirittura, simbolo del demonio.

Il cane psicopompo

Diversi popoli ritenevano che il cane avesse la funzione di psicopompo, parola greca che ha il significato di colui che conduce l’anima nel Regno dei morti.

Per i popoli Toltechi e Aztechi era Xolotl, il dio dei lampi che aiutava i morti nel loro viaggio verso Mictlan, era il gemello di Quetzalcoatl e rappresentava la personificazione demoniaca di Venere, la stella della sera; iconograficamente era rappresentato come un uomo con la testa di cane (cinocefalo, un termine che ricorrerà più tardi in diverse religioni). 

Il chihuahua è il diretto discendente del, un cane di piccola taglia molto diffuso presso i Toltechi, che lo consideravano un cane sacro in quanto a lui era affidato il compito di di accompagnare le anime del padrone defunto fino all’aldilà, purtroppo per lui nel senso letterale, perché veniva sacrificato sulla sua tomba o sepolti con lui. 

Stesso destino per l’altra razza messicana, lo xoloitzcuintle. Anche la sua storia, infatti, è strettamente legata all’impero azteco che dominò in Messico dal XIV al XVI secolo. Nella cultura azteca Xolotl era colui che accompagnava i morti nel loro viaggio verso Mictlan, l’Oltretomba e lo Xolo ne era la sua rappresentazione terrena ma anche il suo emissario, colui che accompagnava l’anima dei morti verso la vita eterna.

Lo Xolo rivestiva un ruolo importante al punto che poteva essere sacrificato e talvolta veniva mangiato nel corso di cerimonie religiose. Lo Xolo era considerato dagli aztechi anche un cane magico e curativo, in particolare per alcune forme di asma e di dolori di stomaco: bastava tenerne uno vicino per sentire beneficio.

Il cane nel mondo degli Inferi

L’antico Egitto è il regno di Anubi, rappresentato come un cane dal pelo rossiccio nel primitivo culto zooiatrico e, a partire dal Nuovo Regno, come un uomo con la testa di cane, o meglio di sciacallo. Nella mitologia egizia Anubi è il dio della morte e degli Inferi, anche se in seguito alla crescita del culto di Osiride ne divenne semplicemente il guardiano. 

Nella mitologia germanica è invece il terribile Garm a sorvegliare l’ingresso del Niflheim, il Regno dei morti, il paese dei ghiacci e delle tenebre e nella mitologia greca l’ingrato compito tocca a Cerbero, il custode posto a guardia dell’ingresso dell’Ade, il mondo degli inferi, per impedire ai vivi di entrarvi e ai morti di tornare indietro; Cerbero veniva raffigurato come un cane a tre teste, con il corpo era ricoperto non di peli, ma di serpenti velenosi.

Quando non aveva la funzione di guida agli inferi, talvolta il cane accompagnava colui che assolveva a questo compito, ne è un esempio la divinità greco-romana Ecate, divinità psicopompa che veniva rappresentata con tre corpi o con sembianze di cane o accompagnata da cani infernali che ululando preannunciavano il suo arrivo.

Anche presso alcune popolazioni orientali, come i Persiani, venivano affidati ai cani i morti e i moribondi affinché li guidassero verso il paradiso e anche i Cinesi consideravano il cane un compagno fedele che accompagna le anime in paradiso.

Il cane come Simbolo di fertilità

Il cane non è sempre stato associato al mondo dei morti, anzi spesso è stato visto come simbolo di fertilità, come avviene in Tibet, e anche per i Giapponesi rappresenta l’animale del bene che protegge i bambini e le madri.

Secondo la mitologia turca un lupo, chiamato Bozkurt, era il principale animale protettore delle antiche tribù e addirittura si credeva che il popolo dei Göktürk fosse discendente della lupa Asena, che mostrò ai Turchi la strada per uscire dal luogo leggendario di  Ergenekon, mitica vallata circondata dalle montagne.

Nella mitologia greca il cane era uno degli animali sacri ad Asclepio, il dio della medicina (Esculapio per i Romani).

I cani leone dei monaci buddisti

Il mito orientale dei cani leone è legato alla credenza secondo cui un leone si invaghì di una scimmietta ed era disperato perché per il suo temibile aspetto non poteva dichiararle il suo amore; il santone Ah-Chu, commosso, trasformò il leone riducendone la mole e consentendo che la storia d’amore trovasse il giusto coronamento.

Più concretamente sembra che la nascita dei cani-leone sia dovuta ai monaci buddisti che non potendo disporre di leoni (i difensori di Buddha per antonomasia) all’interno dei templi, supplirono con cane che, per l’aspetto, ricordavano proprio il re della savana. Fu così che cani di piccola taglia assursero al ruolo di cani sacri, non perché oggetto di venerazione quanto perché custodi di luoghi sacri, all’interno dei quali venivano accuditi con tutte le attenzioni possibili.

Diretti discendenti dei cani leone sono il pechinese, lo shih tzu e il lhasa apso.  

Il cane nelle principali religioni del mondo

Nell’Antico Testamento è scritto che “Dio creò gli animali e disse che ciò era buono” (Genesi 1:25), nella tradizione ebraica Dio dona ad Abele un cane per amico, ma gli antichi Ebrei non sembrano essere molto teneri con il cane: nella Bibbia sono contenuti una quarantina di riferimenti al cane, ma quasi sempre denigratori. È del resto ricorrente nel Libro dei Re la frase “saranno divorati dai cani” e anche l’evangelista Matteo non va per il sottile (“Non date ciò che è santo ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le pestino con le zampe e rivolti contro di voi non vi sbranino” Matteo 7:6).

Gli Ebrei consideravano i cani essere immondi poiché la maggior parte di loro, vivendo fuori dalle mura cittadine, si cibava d’immondizia e talvolta anche dei cadaveri umani, va però detto che secondo il Talmud non è lecito mangiare prima di aver dato da mangiare ai propri animali, quindi si ha l’obbligo non solo di essere compassionevoli verso di loro ma anche di dar loro, in certe circostanze, la precedenza alle proprie esigenze.

Nella simbologia cristiana il cane è spesso raffigurato al fianco di santi e san Cristoforo, addirittura, viene rappresentato con la testa di cane (cinocefalo), mentre sant’Antonio è considerato il patrono degli animali domestici e san Francesco patrono degli animali e proprio prendendo come riferimento il poverello di Assisi la Chiesa cattolica, di cui nel corso della sua storia alcuni hanno rilevato un eccessivo antropocentrismo, negli ultimi tempi ha dimostrato una crescente attenzione alla natura e agli animali.  

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Quasi tutti i popoli arabi disprezzavano i cani, mentre i nomadi ritenevano il levriero un animale sacro, un dono di Allah, e perciò lo allevavano con la stessa cura che gli arabi dedicavano ai cavalli. 

La religione musulmana considera il cane un animale impuro ma nel Corano i riferimenti agli animali sono tutt’altro che negativi, basta pensare a frasi del tipo “Non vedi tu come a Dio inneggino gli esseri tutti che sono in cielo e sulla terra, e gli uccelli che stendono le ali? Ognuno conosce la sua preghiera, conosce il suo inno di lode, e Dio sa quel che fanno” (Corano XXIV:41) o a “Non vi sono bestie sulla terra né uccelli che volino con l’ali nel cielo che non formino delle comunità come voi. Noi non abbiamo trascurato nulla nel Libro. Poi, avanti al loro Signore saranno tutti raccolti” (Corano VI:38) che fa addirittura pensare alla presenza degli animali in paradiso.

Successivamente negli hadith, i detti di Maometto ancor oggi importanti per la società musulmana, emerge l’idea secondo cui il cane sarebbe un animale impuro da cui i buoni musulmani devono stare lontani. 

Ovviamente le cose sono cambiate nel corso dei secoli e cani al guinzaglio si vedono anche nei Paesi arabi ma non mancano alcuni estremismi: dalla rivoluzione islamica del 1979, molto è cambiato in Iran e i cani sono considerati animali impuri.  Il parlamento iraniano ha approvato l’anno scorso un disegno di legge teso a limitare o proibire il possesso di animali domestici, visto come simbolo di occidentalizzazione. Chi possiede un cane, quindi, è costretto a tenerlo chiuso in casa, portarlo fuori comporta il rischio di essere arrestati (portare un cane in un parco è considerato un reato) e vedersi sequestrare il proprio animale

Nel buddismo uno dei cinque divieti è l’uccisione di qualsiasi essere vivente; nelle vite precedenti Buddha è stato, tra l’altro, una tartaruga, una scimmia, un elefante e una lepre, animali a cui va portato rispetto, così come a tutte le altre specie che, per successive reincarnazioni, possono raggiungere il nirvana.

Per l’induismo l’animale sacro per eccellenza è la mucca, signora dei campi, fonte di latte; ucciderne una è grave come uccidere un bramino, mangiarne la carne è un sacrilegio, ma la legge del Karma fa riferimento anche agli altri animali, che possono diventare uomini o Dei, e che perciò devono essere rispettati.

Anche i cani hanno un’anima? 

Negli ultimi tempi si è molto discusso sul fatto che gli animali abbiano o meno l’anima. 

Per Padre Luigi Lorenzetti, teologo di Famiglia cristiana, gli animali “Hanno ricevuto un soffio vitale da Dio e sono attesi anch’essi dalla vita eterna”, Papa Paolo VI disse: “Un giorno rivedremo i nostri animali nell’eternità di Cristo” e anche Giovanni Paolo II sposò questa scuola di pensiero (“C’è nell’uomo un soffio, uno spirito che assomiglia al soffio e allo spirito di Dio. Gli animali non ne sono privi”.

Anche Papa Francesco, ha detto la sua in merito e qualche tempo fa, in occasione di un discorso in Piazza San Pietro, ha citato un passo di San Paolo: “Tutto ciò che ci circonda è uscito dal pensiero e dal cuore di Dio. Un giorno rivedremo i nostri animali nell’eternità di Cristo. Il paradiso è aperto a tutte le creature di Dio”.

Anche se nell’ultimo periodo lo stesso Papa Francesco ha diverse volte citato il cane per motivi legati alla calo di nascite nelle famiglie italiane.

La leggenda del cane nero

Il cane dal mantello nero è spesso stato visto con paura e credenze a lui legate sono nate in diversi posti del mondo.

In Gran Bretagna, ad esempio, fa parte del folklore la leggenda del cane nero, conosciuto con diversi nomi (Padfoot nello Yorkshire, Gytrash nel Lancashire), descritto il più delle volte come un cane enorme, dal pelo irsuto e nero, con occhi fiammeggianti; era ritenuto un messaggero dell’Oltretomba per questo la sua visione era associata alla sicura morte del malcapitato che aveva avuto la sfortuna di incontrarlo. 

Ancora oggi il mito del cane nero sopravvive presso alcune popolazioni dell’America Centrale: i Chinantechi e i Mixe di Oaxaca credono che un cane nero aiuterà le persone morte ad attraversare un corso d’acqua fino a raggiungere la terra dei morti, gli Huitzilani credono che un cane porti i morti oltre l’acqua per arrivare nella casa sotterranea del diavolo, in alcune parti del Messico si crede che gli stregoni cattivi siano in grado di trasformarsi in cani neri per poter cacciare il bestiame dei vicini e nello Yucatan si crede all’esistenza del huay pek (cane-strega), un enorme cane nero fantasma che attacca chiunque incontri e che si dice essere la reincarnazione del Kakasbal, uno spirito maligno.

Una festa in onore del Cane in Nepal

Dogs show off while worshipping dogs at the central police Dog Training School as part of the Tihar festival in Kathmandu, Nepal. 08 November 2007. The Tihar festival is second major festival for Nepalese Hindus that mainly celebrate 5 days starting from 07 to 11 November 2007. During the festival people worship crow, considered to be messengers of human beings, cow, considered as incarnation of lord Laxmi, god of wealth, and dogs, repaying the love towards man’s ‘best friend’. EPA/NARENDRA SHRESTHA

Il Nepal celebra ogni anno il festival dei cani, il Kukur Tihar (letteralmente “adorazione dei cani”), una festa che dura più giorni e che si festeggia verso la fine dell’autunno, di solito in coincidenza con i giorni di Diwali, la festa delle luci. 

Durante la festa la popolazione nepalese il cane, considerato uno degli animali più fedeli all’uomo fin dai tempi più antichi, viene venerato e la gente adorna tutti i cani, anche quelli randagi, con ghirlande di fiori e prepara loro piatti speciali. 

La festa trae origine da una leggenda narrata nel poema epico indù Mahabharata, secondo cui un cane sarebbe stato il fedele accompagnatore di un santo indù nel suo viaggio verso la vita eterna e testimonia il fatto che per i nepalesi il cane è un animale sacro. 

Sogni e tarocchi con il cane

Per Sigmund Freud il cane nei sogni è strettamente collegato all’istinto sessuale, mentre Jung lo fa risalire a un legame amichevole, un compagno di vita. 

Nel Libro dei Sogni si apprende che “Il cane è simbolo dell’obbedienza e dell’amicizia, assicura la fedeltà del partner, la protezione di chi ti è vicino e un forte legame di amicizia, ma il significato del sogno cambia se il cane non appartiene al sognatore e in questo caso preannuncia pericoli. Cane bianco: lealtà, cane da caccia: avventure, legare un cane: desiderio di mantenere dei legami che ci danno sicurezza e piacere, cane che abbaia: maldicenze e litigi, cane che ringhia o attacca: rischio di perdere rapporti duraturi a causa dell’eccessiva diffidenza, cane che lotta con altri cani: litigi con amici, cane che dorme: bisogna rielaborare i propri piani, cane che mangia: le cose non andranno come avremmo desiderato, cane ferito: un comportamento poco professionale ha creato problemi.»

A seconda di come si sogna il cane si possono giocare diversi numeri della Smorfia:  

sognare un cane: 61, cane bianco: 30, cane da caccia: 51, legare un cane: 85, cane che abbaia: 16, cane che ringhia: 22, cane che lotta con altri cani: 70, cane che dorme: 47, cane che mangia: 42, cane ferito: 25.

Nei tarocchi il cane appare nella carta della Luna: presso la riva di uno stagno due cani, uno bianco e uno nero (le costellazioni del Cane maggiore e del Cane minore), sorvegliano il cammino della Luna, diffidandola con il loro abbaiare dal discostarsi dalla sua orbita e secondo alcuni essi rappresentano i difensori dell’ordine cosmico, della proprietà e dell’inconscio.

Il cane fa parte anche dell’oroscopo cinese costituito da dodici segni zodiacali ognuno corrispondente a un animale e associati non ai mesi dell’anno ma agli anni: i cani nati sotto il segno del cane sono fedeli e leali, talvolta anche egoisti ed eccentrici (l’ultimo anno del cane è stato il 2018).

Il cane simbolo di fedeltà

Il cane è l’animale fedele per antonomasia e non mancano i miti che esaltano questa sua qualità.

Mera, figura della mitologia greca, era un cane appartenuto a Icario e a sua figlia Erigone; Dioniso insegnò a Icario a fare il vino e questi lo fece assaggiare ad alcuni pastori che subito si ubriacarono ma che, pensando di essere stati avvelenati, lo uccisero. Mera corse dalla figlia Erigone e tirandole le vesti la condusse dove giaceva il corpo del madre e lì sia la figlia sia l’animale si uccisero. Zeus per ricordare il triste evento dedicò loro tre stelle: a Icario la costellazione di Boote, a Erigone con quella della Vergine e a Mera il Cane Minore. 

Il simbolo di fedeltà per eccellenza è però sicuramente Argo, il cane di Ulisse. 

Nell’Odissea Omero lo fa comparire soltanto nella terza e ultima parte: nonostante il suo padrone sia stato lontano da Itaca per vent’anni per la guerra di Troia, lo riconosce immediatamente nonostante sia travestito da mendicante e subito dopo si spegne felice accanto a lui. 

Accanto ai miti ci sono le storie vere e se Hachiko è diventato famoso in tutto il mondo grazie al film con Richard Gere, anche noi abbiamo un Hachiko italiano che, guarda caso, si chiama proprio Fido.

La sua storia inizia in una sera di inverno del 1941 quando Carlo Soriani, operaio di Luco del Mugello, si imbatte in un cucciolo ferito e decide di portarselo a casa. Il cane si affeziona al padrone al punto che ogni mattina lo accompagna da casa alla piazza centrale del paese, dove Soriani prendeva poi la corriera per Borgo San Lorenzo, se ne tornava a casa e tornava alla sera alla fermata, per riaccompagnarlo a casa. 

Due anni più tardi Carlo Soriani morì sotto un bombardamento mentre era al lavoro e non fece più ritorno a casa, ma Fido continuò ad aspettarlo alla fermata. Per ben 14 anni. Fino alla sua morte, avvenuta il 9 giugno 1958.  

Commosso dalla straordinaria testimonianza di fedeltà, il sindaco di Borgo San Lorenzo conferì a Fido una medaglia d’oro, alla presenza della commossa vedova di Soriani e incaricò lo scultore Salvatore Cipolla di realizzare un monumento in suo onore.

L’opera fu collocata in Piazza Dante a Borgo San Lorenzo, ed era originariamente realizzata in maiolica, poi sostituita da una copia in bronzo. Cane e padrone si sono riuniti dopo la morte del cane: Fido, infatti, è stato sepolto all’esterno del cimitero comunale di Luco, ove riposano le spoglie di Carlo Soriani e proprio nel maggio di quest’anno a Fido è stato dedicato un giardino nella frazione di Luco di Mugello.

Un cane tra i santi

San Guinefort fu un levriero vissuto in Borgogna nel XIII secolo, che divenne oggetto di culto e venerazione. Secondo la leggenda il cane era di guardia in un castello dove il suo padrone, un cavaliere, viveva con il figlioletto.

Tornando un giorno dalla caccia, il cavaliere vide che la stanza del figlio era sottosopra, la culla rovesciata e il cane con i denti insanguinati. Non vedendo il bambino, il cavaliere pensò fosse stato sbranato dal cane e subito lo uccise.

Solo dopo sentì i vagiti di suo figlio: era sotto la culla, illeso, e vicino a lui c’era una vipera morta. Il cane aveva difeso il bambino lottando con il rettile per salvarlo. Accortosi dell’errore, il cavaliere seppellì l’eroico cane e il luogo divenne meta di pellegrinaggi. Ben presto si cominciò a parlare anche di miracoli compiuti, soprattutto a protezione dei bambini e ancor oggi ci sono tracce di venerazione nonostante il suo culto, proibito più volte, venne abolito definitivamente dalla Chiesa Cattolica nel 1930. 

Lorena Quarta

Da sempre appassionata di cani, ha un’esperienza ultra trentennale nel mondo del giornalismo cinofilo in cui si è occupata di ogni settore, dal mondo dell’allevamento a quello dell’agonismo, dagli aspetti caratteriali e comportamentali del cane al suo impiego sportivo e in campo sociale. Ha collaborato con le più importanti riviste del settore e pubblicato cinque libri di argomento cinofilo: "Fido e Dintorni", "Il dizionario della cinofilia", "Il rottweiler", "Il Pinscher" e "La terza vita di Jasmine", la storia della sua cagnolina anziana adottata in un canile, scritto per sostenere la sezione ENPA in cui è dal 2011 volontaria e dove si occupa dell’ufficio stampa e del Progetto Famiglia a Distanza.

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