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Sul cane, sulla dominanza e altre leggende

Qualche tempo fa, mentre trattavamo il tema della personalità, è emerso il concetto di dominanza.


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Come essere umani, date le nostre origini etologiche, ricerchiamo e proiettiamo, spesso su altre specie, le necessità di una scala gerarchica simile o sovrapponibile alla nostra, senza però considerare che altre specie hanno caratteristiche gerarchiche sociali molto diverse dalle nostre e soprattutto che la nostra interpretazione di gerarchia è influenzata dal nostro contesto socio culturale di provenienza.


Se infatti il concetto di dominio (inteso come personalità assertiva, conativa, imperante, fantasiosamente anche aggressività) è solitamente considerato un tratto della personalità in psicologia umana, non lo è però nelle altre specie, tanto meno nel cane.


In etologia il rango dominante (o subordinato) di un individuo può essere compreso solo in un contesto sociale basato su “risultati coerenti degli incontri diadici tra i membri del gruppo ed in presenza di risorse”: sociali, ambientali che possano essere oggetto di contesa o mercato biologico.
Negli animali sociali infatti, il rango gerarchico di un individuo può essere descritto solo osservando le interazioni tra gli individui, in più contesti e in gruppi stabili.

Per comprendere la vera natura biologica della dominanza correlata alle interazioni all’interno di queste gerarchie, dobbiamo dunque passare da un approccio basato sull’individuo (la fantomatica “valutazione del cane”), a un approccio basato sulla dinamica, indagando le dinamiche sociali con quello che ne consegue: analisi, calcolo, algoritmi introduzione di variabili contestuali etc etc…




Va da sé dunque che valutare un cane da solo, in campo, con una trotterellata di 15 minuti, aprendogli ombrelli in faccia o facendogli conoscere cani “modulatori”, non può in alcun modo servire a comprendere né il posizionamento sociale di quel soggetto, né la sua personalità.

Occorre inoltre precisare che una proprietà interessante delle gerarchie è la “steepness” o  “ripidezza”, differente nelle specie e gruppi sociali e che si riferisce al grado di asimmetria tra le diadi di relazione.


La relazione gerarchica può infatti essere dispotica, tollerante, rilassata ed egualitaria (Flack e de Waal, 2004).


Ad esempio in gerarchie con steepness dispotica le relazioni sono caratterizzate e rafforzate da forte aggressività, conazione, coercizione; mentre nelle gerarchie tolleranti e rilassate, ritroviamo relazioni, a volte anche irrisolte e paritarie, ma con meno aggressività.
Molto spesso a giustificare il concetto di gerarchia lineare dispotica nel cane si porta come esempio il lupo.

Senza essere pleonastici, occorre ricordare che il lupo (Canis lupus) è un predatore apicale sociale, che vive in gruppo, ma NON E’ UN CANE.


Inoltre evolutivamente ed etologicamente per il lupo ci sono forti vincoli ecologici: hanno bisogno di cooperazione sia per diventare cacciatori di successo sia per poter allevare la loro prole…e comunque non ha una gerarchia lineare dispotica.


Questi vincoli, come già abbiamo accennato in un altro articolo sono più o meno assenti nel cane (anche nel caso dei cani rinselvatichiti)

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Nei cani infatti la competizione per le risorse è meno prevalente in quanto vengono fornite e distribuite dal proprietario.


Inoltre, non tutti i cani sono ugualmente motivati ​​a ottenere tutte le risorse, siano esse ambientali, sociali, alimentari o sessuali, quindi il risultato delle interazioni gerarchiche potrebbe essere spiegato meglio da una combinazione di personalità ed esperienze di vita precedenti (apprendimento) rispetto alle relazioni di dominanza (Bradshaw et al., 2009).

Nei vari studi effettuati sulla dominanza nel cane inoltre i ricercatori hanno osservato che le gerarchie canine o cane-uomo, sono perlopiù tolleranti con interazioni amichevoli e/o relazioni irrisolte soprattutto in cani non appartenenti allo stesso gruppo e che la presenza di una gerarchia influenzava più che altro contesti non competitivi e di gioco: individui di rango dominante giocano in maniera più propositiva e senza.

Proviamo a ricordarcelo la prossima volta che qualcuno ci suggerirà di spanciare o essere aggressivi\ conativi con il nostro cane “dominante”.

(https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0168159122000028)
 


Come avevamo anticipato dunque la “dominanza” ha un significato diverso in etologia ed è rilevante solo come misura qualitativa delle relazioni sociali.

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Un individuo di rango dominante NON E’ dunque Il capo, un individuo di rango dominante è un soggetto che ha interazioni sociali QUALITATIVAMENTE POSITIVE intra ed interspecifiche: sia nel gioco con conspecifici che nell’apprendimento sociale, mentre invece spesso i subordinati faticano ad apprendere dall’uomo.

I risultati mostrano infatti che i cani più estroversi, coscienziosi e aperti tendono a classificarsi più in alto nei ranghi, mentre la cordialità ha mostrato una correlazione negativa con i punteggi di dominanza, che è probabilmente lo stesso motivo per cui alla cassa faccio passare avanti chiunque.


Esiste quindi un’associazione tra dominanza e personalità, ma queste non sono sovrapponibili e di certo, non sono “valutabili” ad una prima occhiata o “aggiustate” con esercizi di condotta.

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(https://www.eurekalert.org/news-releases/941519#:~:text=Researchers%20from%20the%20Department%20of,negative%20correlation%20with%20dominance%20scores.)

La dominanza non è dunque una caratteristica del singolo, ne parte della sua personalità.


Possiamo invece iniziare a metterci in discussione e comprendere che, nel concetto etologico di gerarchia e rango, noi possiamo assumere atteggiamenti di certo meno conativi, magari imparando qualcosa dai nostri cani, che di steepness dispotica, conazione e linearità, non se ne fanno nulla.

Chiara Boncompagni

Chiara Boncompagni, è medico veterinario esperto in comportamento animale e negli IAA FNOVI . E’ laureata in medicina veterinaria all’Università degli Studi di Perugia e in etologia presso l’Università degli Studi di Torino. Ha conseguito il master in medicina comportamentale presso l'Università degli Studi di Parma. È educatore cinofilo e Istruttore cinofilo riabilitatore, coadiutore del cane negli Interventi assistiti dall'animale. Ha contribuito alla stesura del libro “Legàmi”, che tratta della relazione uomo-animale, a cura della psicologa Giulia Simonetti ed è docente di diversi corsi per educatori ed istruttori cinofili e per i proprietari di animali.

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