Educazione cinofila e relazione con il cane

L’utilità degli esercizi “inutili” e la gratificazione sociale.

Di Graziano Gentileschi

L’addestramento del proprio cane, in aggiunta all’educazione di base, mira principalmente a ottenere un cane gestibile nella maggior parte delle situazioni.

Se definiamo come educazione di base tutte quelle regole che permettono di instaurare una buona relazione nel binomio più l’aggiunta dei principali e fondamentali comandi (primo tra tutti senza dubbio il richiamo), possiamo identificare con il concetto di addestramento, in modo forse un po’ sbrigativo, tutte quelle sequenze di esercizi che vengono svolte in gara ma che trovano ampiamente spazio nella gestione quotidiana, laddove si voglia creare una situazione di maggiore libertà (ad esempio girare in un bosco senza guinzaglio) ma si voglia essere sicuri di avere un totale controllo in caso di imprevisti o eccessive distrazioni.

Si possono insegnare comandi e sequenze più o meno lunghe e complesse, ma tutte trovano un riscontro utile e applicabile in qualche contesto di vita comune.

Esiste poi un terzo gruppo di esercizi o attività, una categoria in cui queste stesse parole, secondo alcuni, andrebbero virgolettate più e più volte.

Parliamo di tutte quelle azioni completamente inutili che spesso si insegnano al cane e che talvolta vengono derise da esperti del settore.

Quando si conosce un nuovo binomio e si chiede al proprietario se il cane conosca già qualche comando, è capitato personalmente anche a me di sentirmi vagamente affranto nel sentire la risposta “Sa dare la zampa”.

Al di là di una reale utilità di cui parleremo dopo, un’osservazione un po’ più delicata di quello che succede tra cane e proprietario durante l’esecuzione di questi esercizi “inutili” ci può far capire in che dimensione collocarli.

In primo luogo il proprietario, anche se per qualcosa di apparentemente futile, ha avviato un processo di apprendimento di comportamenti esterni alla sfera naturale del cane, il che è già una primordiale forma di addestramento.

Spesso poi, una volta appresi, questi esercizi (dare la zampa, rotola, “fare l’orsetto”) non necessitano di un premio a fine esecuzione. Tutta la situazione, dall’esecuzione alla fine dell’esercizio, è autogratificante per il binomio, e non solo per il cane. Questo particolare non è di secondaria importanza. L’evento è gratificante per il cane proprio perché e solo se lo è per cane e proprietario.

La particolarità di non avere uno scopo preciso e immediato fa sì che il proprietario non richieda un’esecuzione performante, ma che sia un momento di svago per entrambi.

La gratificazione sociale, o premio sociale, è una delle forme di ricompensa più difficili da mettere in atto.

Può essere estremamente utile per un binomio in gara, dove non è possibile premiare il cane e quest’ultimo deve rimanere concentrato e motivato per lungo tempo, ma non è sempre scontato che la gratificazione che si può trarre dalla relazione con il conduttore possa essere sufficiente a confronto di stimoli molto alti.

Un cane a cui viene richiesto di rimanere fermo se un gatto gli corre davanti, in base al tipo di insegnamento ricevuto eseguirà il comando in attesa di un premio enorme o per paura di una punizione, ma molto difficilmente la sola idea di “renderci felici” gli basterà per rispondere a un nostro comando in presenza di uno stimolo così elevato.

Al contrario, quando chiediamo la zampa o insegniamo esercizi in cui andiamo a richiedere meno precisione, senza avere un obiettivo preciso se non il divertirci insieme al cane, creiamo una situazione piacevole che spesso sarà proprio il cane stesso a riproporci.

Allo stesso modo determinate routine possono rinforzare il rapporto cane proprietario, senza che abbiano alcuna motivazione o scopo reale, e anche in questi casi vedremo il cane presentarsi per proporre “l’attività”.

Esempi di questo possono essere il farsi portare le ciabatte appena entrati in casa, passare l’asciugacapelli anche al cane quando ci si fa la doccia o fingere qualunque altra azione, rivolta sia a noi che al cane. Si va a creare così un momento sociale che rafforza l’unità del binomio. La stessa cosa possiamo osservare in natura per quanto riguarda il grooming: il cane è in grado di provvedere in linea di massima alla propria igiene, ma questa attività svolta tra due individui rafforza l’unità del branco. Nello specifico il grooming rientra nelle attività di cura del branco, ma ogni azione condivisa con il nostro cane va a rinsaldare certe parti del rapporto, anche e a volte proprio perché fatta con leggerezza e spensieratezza.

Concludendo:

… con una postilla, il discorso sull’utilità di esercizi come dare la zampa o rotolare, con determinati cani che non amano particolarmente farsi manipolare in situazioni che possono includere veterinario, toelettatore o simili, impartire un comando che già si conosce può aiutare ad abbassare il livello di stress (se entro certi limiti) e portare il cane a posizionarsi da solo senza dover eseguire manovre necessarie ma non sempre delicate, ad esempio coricarlo su un lato.

Dal lunedì al venerdì l’editoriale del mattino a cura del Gruppo Cinofilo Debù

Qualunque attività svolta con il cane ha un riscontro sia da parte nostra che del cane. Prendere con leggerezza certi momenti può aiutare a strutturare una relazione che risulterà più efficace anche in momenti di criticità o bisogno.

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