Notizie e curiosità sul caneBenessere del caneFuori dai Denti

Cani brachicefali: lottiamo, ma con rispetto

Da tempo un gran numero di veterinari, esperti cinofili (incluso il sottoscritto), associazioni animaliste e persino governi lanciano allarmi assolutamente motivati e condivisibili sul “maltrattamento genetico” inflitto ai cani brachicefali, cioè quelli con canna nasale molto corta o inesistente (Carlino, Bulldog, Bouledogue e via elencando).

Per via di tale morfologia innaturale e contraria alla funzionalità dell’organismo, questi cani spesso vanno incontro a una vita di sofferenze, a morti precoci, a trafile di cure veterinarie e interventi chirurgici.

Chiara Ferragni insieme alla sua Bulldog Matilda, purtroppo mancata da qualche settimana.

La recente morte della Bouledogue di Chiara Ferragni, ovviamente riportata dai media, ha riportato in primo piano l’argomento.

Vorrei dire la mia, sperando di contribuire positivamente alla questione.

In attesa di una legge, diffondiamo conoscenza

Che il percorso di modifica del cane a scopi puramente estetici, peraltro discutibili, sia una lunga parentesi della cinofilia che è ora di chiudere è assodato per chiunque ami davvero i cani. Eccessi privi di senso come appunto il restringimento della canna nasale e le altre aberrazioni morfologiche annesse devono finire, perché causano sofferenza e riducono la qualità di vita dei nostri amici.

Ci sono Paesi che hanno già fatto leggi allo scopo, altri le faranno.

LEGGI ANCHE: Paesi Bassi introducono divieti per allevare e tenere cani brachicefali: una battaglia contro la sofferenza animale

In Italia non penso accadrà facilmente, perché troppi sono gli interessi in ballo e troppa è l’ignoranza/menefreghismo di buona parte del mondo politico, che peraltro si guarda bene dall’aumentare le pene per chi maltratta e uccide cani e gatti e, con questo governo, promuove addirittura la caccia indiscriminata, quindi figuriamoci…

LEGGI ANCHE: Annunciato il primo divieto legale di allevare Bulldog e Cavalier. L’inizio della fine dell’ ingegneria genetica sui cani?

Senza leggi che vietino pratiche di selezione aberranti, la sola arma è l’informazione.

Diffondere le conoscenze sui danni che i cani brachicefali subiscono è la cosa da fare.

Facciamolo ovunque: all’area cani e al centro cinofilo, sui social e sui media, nelle relazioni interpersonali, negli studi veterinari, nei corsi di formazione per educatori e istruttori cinofili. Io lo faccio da tanti anni e spesso funziona. Altra arma efficace, al momento, non la vedo.

Colpevolizzare non serve, anzi

In questa lotta a favore dei nostri amici, invece, non vedo utilità e neppure correttezza nel colpevolizzare chi ha scelto di prendere cani brachicefali. Per due ragioni: spesso chi li ha li ama moltissimo e li tratta molto bene; l’ignoranza non è una colpa, soprattutto in un Paese che vanta carenze incredibili sul fronte della cultura cinofila diffusa. Prendersela con chi ha un Carlino o un Bouledogue non aiuterà i cani e non porterà queste persone dalla nostra parte, perché chi si sente attaccato quasi sempre reagisce attaccando a sua volta. Un esempio? Quanti potranno rispondere alle critiche per avere preso un Boule dicendo: “E allora? Il cane della Ferragni ha vissuto 13 anni!”. Ed è vero. Non sempre il brachicefalo vive poco e male. E per fortuna, dico io.

Il ruolo dei personaggi famosi

Un contributo alla diffusione dei cani brachicefali è venuto di certo anche da personaggi famosi che, avendo scelto queste razze, volontariamente o meno ne promuovono l’acquisto tra i loro fan e stabiliscono tendenze.

È sempre stato così, peraltro, non solo nell’epoca dei social network: i vip hanno sempre “fatto scuola” tra le masse. Del resto, siamo Primati. Ebbene, ritengo che anche attaccare per questa ragione chi ha un nome conosciuto sia in realtà controproducente, perché se il singolo cittadino ignoto se la prende… figuriamoci il vip di turno!

Solo che costui può portare dalla sua parte i suoi fan, che sono tanti, e la nostra battaglia ci rimette. Penso invece che influencer e simili possano giocare un ruolo importante, se riusciamo a convincerli a dare una mano. Proprio sulla base dell’amore per i loro cani “senza naso”: se li amano davvero sanno che qualcosa non va e possono veicolare un messaggio credibile.

Se non li amano e se ne fregano, non ci ascolteranno comunque e attaccarli non ci conviene.

Rispetto, sempre

Poi c’è un altro fattore da considerare: non sono pochi coloro che i cani brachicefali, e anche i gatti perché ci sono pure loro, li adottano salvandoli da situazioni di maltrattamento, sfruttamento e degrado.

E magari si tratta di personaggi che hanno visibilità pubblica.

É il caso di Davide Cavalieri, direttore di Radiobau e voce nota a molti cinofili e gattofili.

Davide ha un’anziana femmina di gatto persiano, dunque brachicefala, di nome Lilith e dal carattere tutto speciale.

Spesso le sue foto pubbliche lo ritraggono con lei.

Perché la ama, è un pezzo importante della sua vita e, non secondario, l’ha salvata da una situazione di sfruttamento come fattrice.

Credo che Davide sia libero di averla con sé nelle sue immagini senza essere accusato di “diffondere il male”.

L’amore non si disciplina.

Poi c’è Emi Nava, per esempio, imprenditrice di successo e attiva nel mondo rescue, che ha salvato Aldo, un Bulldog a cui alcuni bambini (già…) avevano dato fuoco e che ha da poco adottato Martino, Bulldog anche lui, riproduttore selezionato che viveva abbandonato a se stesso in un recinto perché… l’allevatrice si era stancata di allevare.

E che dire di Susanna Barbaglia, giornalista e scrittrice, che ha adottato cani di ogni tipo da sempre e che ora vive con due Bulldog rescue, Joy e Theo, protagonista di un suo libro.

Sono tutti brachicefali, sono tutti amati immensamente e se appaiono in pubblico e nelle foto insieme ai loro umani non è cosa che debba essere additata al pubblico ludibrio. Anzi, io provo rispetto. Forse dovremmo provarlo tutti.

LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI DI ANDREA COMINI

Andrea Comini

Educatore e istruttore cinofilo fisc da oltre vent'anni, consulente sui problemi comportamentali, si è formato con Carlo Marzoli, Inki Sjosten, David Appleby, Roger Abrantes, Joel Dehasse. Studioso di etologia del cane e del lupo, docente in diversi corsi di formazione per educatori. Giornalista professionista.

Andrea Comini ha 37 articoli e più. Guarda tutti gli articoli di Andrea Comini