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Annuso, dunque Sono: la conferma scientifica della Coscienza di Sé nei Cani

Da sempre buona parte della scienza nega che il cane abbia la capacità di percepirsi come individuo partendo dal presupposto che “non riconosce la propria immagine riflessa in uno specchio”: siamo proprio sicuri che sia così?

Non sa di esistere?

Secondo molti scienziati, il nostro amico Canis lupus familiaris non sa esattamente di esistere.

Vive ma non ne è conscio se non per quanto riguarda le esigenze primarie: mangiare, dormire, avere un riparo e un “branco”, riprodursi e così via.

Provo a indagare su tale concetto, alla luce sia delle mie conoscenze sul comportamento canino sia dei risultati di alcuni recenti esperimenti scientifici, per capire se non sia ora di ridare al cane la dignità di individuo senziente che merita e che, per fortuna, scienziati capaci di ragionare anche fuori dagli schemi antropocentrici gli riconoscono, specchio o non specchio.

Immagine generata dal creative prompt designer cinofilo di Redazione

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Possiamo fare un test, facile, per capire se il nostro amico sia o meno conscio di esistere così come lo siamo noi.

Proviamo a  impedire al cane, libero, di raggiungere qualcosa che gli interessa molto (cibo o giocattolo, fate voi, l’importante è che lo attiri fortemente) creando una barriera fisica e visiva con ostacoli vari.

Se lasciamo un solo passaggio che non permetta di vedere l’obiettivo e porti in un’altra direzione, osserveremo qualcosa di molto interessante: il nostro amico cercherà di aggirare l’ostacolo sfruttando l’unico varco disponibile anche se questo lo allontana, all’apparenza, dalla meta che in quel momento, oltretutto, è invisibile.

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Ebbene, per compiere la scelta di muoversi in una direzione apparentemente “sbagliata” rispetto all’obiettivo, il cane deve aver valutato prima l’intero percorso da compiere e, per farlo, deve riuscire a immaginare se stesso in un altro luogo e in un momento successivo al “tempo presente”.

In altre parole, deve avere la coscienza di “esistere altrove”, nel tempo e nello spazio, proprio come noi. Questa mia riflessione si basa sul lavoro del grande etologo Klaus Immelmann (1935 – 1987).

Vedere non serve al cane

Immagine generata dal creative prompt designer cinofilo di Redazione

Passiamo al famoso test dello specchio.

È noto che il cane, di qualsiasi tipo ed età, non riconosce se stesso quando si vede riflesso.

Il punto della questione sta nel verbo “vedere”.

Ciò che i nostri occhi vedono costituisce per noi l’informazione più importante in assoluto su ciò che abbiamo di fronte. E purtroppo, la nostra immane presunzione di essere il punto di riferimento dell’intero universo ci spinge a valutare gli altri esseri viventi sulla base dei parametri che contano per noi.

Ma per il cane, “vedere” non significa riconoscere; per il cane, la chiave per riconoscere è tutt’altra e sta nel verbo “annusare”.

E poiché l’immagine riflessa nello specchio non ha odore, perché mai il cane dovrebbe riconoscersi in essa?

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La scienza conferma

Qualche anno fa, qualcuno nel mondo scientifico ha avuto la mia medesima intuizione circa il ruolo totalmente dominante dell’olfatto per l’autopercezione cognitiva del cane.

E ha ideato un altro test che, per fortuna, non parte da una visione antropocentrica ma ha l’umiltà di riconoscere che ci sono altre possibilità.

È stato un italiano, il professor Roberto Cazzola Gatti, biologo ambientale ed evoluzionista.

Il suo esperimento ha dimostrato che il cane non è interessato all’odore della propria marcatura urinaria quando la incontra, mentre investiga a fondo la stessa marcatura se aggiungiamo qualcosa che ne modifica l’odore.

La ragione è ovvia: il primo odore è il suo e non gli interessa, il secondo è qualcosa di diverso e lo studia.

Il cane, quindi, si riconosce eccome, con il senso per lui determinante però, che non è la vista ma l’olfatto.

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La validità del test è stata poi confermata da un’altra scienziata che lavora in modo particolare proprio sul cane: la dottoressa Alexandra Horowitz del Barnard College, negli Stati Uniti.

Un test ispirato a quello del nostro connazionale ma ulteriormente ampliato e condotto su 36 cani: tutti hanno dimostrato di sapere benissimo di esistere, usando l’olfatto.

In sintesi: “Annuso, dunque sono!”.


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Andrea Comini

Educatore e istruttore cinofilo fisc da oltre vent'anni, consulente sui problemi comportamentali, si è formato con Carlo Marzoli, Inki Sjosten, David Appleby, Roger Abrantes, Joel Dehasse. Studioso di etologia del cane e del lupo, docente in diversi corsi di formazione per educatori. Giornalista professionista.

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