Educazione cinofila e relazione con il cane

Educare o addestrare: termini lontani o propedeutici?

educare o addestrare

Chiunque parli di qualcosa senza conoscerla state sicuri che si definirà un “esperto”.

Io, che di certo non sono un “esperto”, ma un incurabile curioso, sono dell’idea che studiare, approfondire e sviscerare ogni argomento che riguardi la propria passione, attraverso libri, articoli o ricerche scientifiche crei quella consapevolezza che porta ad avere perlomeno un’opinione personale.

Specie quando si legge qualcosa che è in contrasto con la propria scuola di pensiero; anzi quelle sono le letture migliori: ti fanno capire se effettivamente il tuo pensiero ha basi solide o può essere corretto.

Sei un addestratore o un educatore?

Lo studio aiuta a capire meglio il perché alla fatale domanda “sei un addestratore?” molti rispondono “no, sono un educatore” (o viceversa).

Addirittura, ora si parla di unificare il termine in DOG TRAINER, di sicuro più figo (infatti “il mio nome è Bond, James Bond” suona assolutamente meglio de “il mio nome è Legame, Giacomo Legame) ma è molto fuorviante.

Educare o addestrare: etimologia

Non voglio usare la definizione classica, cioè che EDUCARE deriva da EDUCERE ovvero tirare fuori, far germogliare; ADDESTRARE deriva da RENDERE DESTRI ovvero abili in una attività (intanto ve l’ho scritta lo stesso).

Mi piace facilitare le cose quindi vi dico che:

L’educazione è la formazione dell’individuo, lo sviluppo delle sue facoltà mentali, sociali e comportamentali.

L’addestramento è lo sviluppo e l’affinamento di particolari abilità mediante la pratica di una certa disciplina.

Da questa definizione si capisce benissimo che sono due cose completamente diverse, che hanno obbiettivi diversi.

Educazione e addestramento nell’Uomo

Facendo un confronto con l’uomo, possiamo affermare che l’educatore è come un maestro di scuola, un genitore, un pedagogo, ovvero colui che con amore, determinazione e fermezza ci insegna le regole per stare al mondo e coltiva i nostri talenti, colma le nostre lacune e valorizza i nostri talenti. 

Mentre possiamo pensare all’addestratore come un coach, un allenatore che, nel rispetto delle nostre propensioni, esalta la nostra indole e insegna a valorizzare le nostre naturali predisposizioni. Entrambe le figure (in teoria) devono concentrarsi soprattutto sulla relazione (intesa come affiliazione in senso stretto) tra cane e proprietario e non sul rapporto (inteso come freddo contratto lavorativo o collaborativo).

Educare o addestrare

Diversi obbiettivi ma propedeutici

Nessuno pensa che le due cose siano incompatibili tra loro, anzi!

 ma sono propedeutiche. 

L’educazione del cane

L’educazione si trasforma, spesso e volentieri, in addestramento di base, anche se l’educazione, rivolta ad un umano o ad un non umano che sia, non dovrebbe avere nulla a che fare con la performatività (un genitore o un maestro sviluppa le facoltà mentali e comportamentali per rendere un individuo pronto a vivere nel migliore dei modi nel mondo senza pensare alla prestazione).

L’addestramento del cane

L’addestramento vero e proprio, invece, diventa addestramento avanzato (dove tutto si basa sulle performance).

Quindi su cosa si fondano realmente le varie differenze tra educazione e addestramento? 

Partiamo dal presupposto che un EDUCATORE , la maggior parte delle volte (a meno che non abbia fatto corsi specifici), non ha le competenze di un ADDESTRATORE e viceversa quindi, secondo il mio punto di vista, la cosa migliore è essere chiari!

Cosa dobbiamo chiedere in qualità di professionisti?

Quando un neoproprietario ci chiede di “addestrare” il proprio cane bisogna chiedergli “che intendi?” e avere l’onestà intellettuale di indirizzarlo dal giusto professionista, spiegando le differenze tra le 2 figure, ed evitare di accaparrarsi per forza il cliente facendogli fare obedience ad capocchiam mandando in frustrazione sia lui che il cane e dandogli strumenti non utilizzabili nella vita di tutti i giorni. 

Educazione e performance

Come per la formazione dell’uomo non ci può essere “educazione” basata sulle performance (insegnare ad esempio al cane ad autocontrollarsi non ha bisogno della diretta richiesta o del controllo del proprietario); di contro, ci può essere addestramento senza l’assillo della performatività (ad esempio si può valorizzare la ricerca olfattiva in attività dove la vittoria non conta).

In effetti, fatte salvo le dovute eccezioni, etologicamente l’uomo viene gratificato nella competizione e appagato dalla vittoria, il cane invece viene appagato dalla sola competizione, quando questa rispetta le sue predisposizioni.

Ciò che ancora non è chiaro ai più che lo sport con il cane, deve essere fatto esclusivamente per migliorare con lui la relazione, per divertirsi, per stare insieme e garantirgli una vita appagante.

Quando il cane non ha pressioni psicologiche o emotive è realmente gratificato, per il raggiungimento dell’obbiettivo e appagato per aver espresso le sue vocazioni.

Agonismo e sport con il cane

Quando, invece, entra in gioco l’agonismo, se il conduttore non raggiunge il suo obbiettivo, se non ottiene la performance desiderata, trasmette, per osmosi, emozioni negative (sentirete dire da tutti “ma io lo faccio solo per divertirmi e rispetto il mio cane”, ma il cane se ne accorge quando gli diamo il premio con fare incazzato e di sicuro percepisce la nostra delusione; l’uomo è competitivo da fare schifo e se per vincere farebbe di tutto quando perde non può nascondere le sue emozioni, soprattutto ad un cane) e non voglio dire che questo rovini tragicamente il legame con il proprio compagno ma di sicuro non migliora la relazione.

Quando il cane non è predisposto?

Peggio ancora quando si insiste col training di un cane non predisposto o emozionalmente non idoneo: oltre ad essere controproducente porta il cane ad una chiusura relazionale. Lo sport è utilissimo ma bisogna SEMPRE valutare i soggetti.

Una cosa è certa: “In generale, chi fa attività ludiche o lavorative – potremmo dire chi fa addestramento con il cane per raggiungere certe competenze – inevitabilmente costruisce degli schemi che aiutano molto la prevedibilità e l’anticipazione: due aspetti che sono centrali nell’azione condivisa.

Creare un rapporto con il cane

Lo sbaglio è non inserire questi schemi all’interno di un rapporto consolidato e pensare che siano in sé sufficienti per parlare di allineamento.

Certo, l’allineamento si avvale anche di schemi e di script, ma non è solo questo anzi, è proprio la capacità di ritrovarsi anche al di fuori degli schemi e degli script.” MARCHESINI 2019.

Definizione di allineamento relazionale

Per arrivare all’”allineamento” relazionale c’è necessariamente bisogno, prima del vero e proprio training, di un EDUCATORE, di un consulente relazionale, ovvero di un professionista che basi il suo lavoro sull’integrazione del cane, che “lavori” con il cane tenendo in considerazione l’assetto posizionale (emozioni, motivazioni ed arousal) per fornirgli quante più competenze possibili (autocontrolli, calma, cinestesi, somestesi, topognosi, ruoli, fiducia, docilità, ecc…) considerando che, soprattutto i cuccioli, hanno molte potenzialità ma altrettante vulnerabilità e sono in costante richiesta esperienziale; e lavori con il proprietario, per fornirli le capacità per una corretta gestione del cane (lettura del cane, comunicazione non verbale, centripetazione, richiami, direzionamento, ALLINEAMENTO, ecc…). Per raggiungere questi obbiettivi esistono tante scuole di pensiero.

Metodi e scuole di pensiero

Ciò che caratterizza le varie scuole di pensiero sono i metodi e gli approcci usati per educare o addestrare, le quali possono avere come punto cardine dell’insegnamento i bisogni dell’uomo (antropocentrismo) o del cane (cinocentrismo). Cerchiamo quindi di fare un po’ di chiarezza districandoci tra le più diffuse correnti di pensiero facendo, come premessa la differenza tra metodo, approccio e tecnica.

Il metodo è un insieme chiuso di criteri, procedimenti e attività secondo cui si realizza il processo di insegnamento.

L’approccio seleziona dati e impianti epistemologici dalle varie teorie e dalle varie scienze di riferimento e li riorganizza secondo uno schema utile al miglior apprendimento. Individua mete e obiettivi dell’insegnamento, genera uno o più metodi che ne realizzano l’applicazione nelle varie situazioni.

La tecnica, invece, è un insieme più o meno coerente di mezzi, di materiali, di procedure, che può avere una finalità in sé e che può essere al servizio di metodi pedagogici diversi.

Il metodo “tradizionale”

Metodo tradizionale: questo è il metodo più antico, spesso non tiene in considerazione le differenze di razza, men che meno quelle individuali. Basa tutto sui bisogni che l’uomo ha di controllare il cane e cercare di prevederne ogni reazione.

Tutto (o quasi) è basato sulla performatività. Prevede l’inibizione e il controllo dei comportamenti (quindi eliminare ogni espressione non gradita o ritenuta non utile e la costruzione di veri e propri interruttori per pilotare il cane) tramite la ripetizione di una azione in cui si utilizza il cibo come premio (o un gioco o una lode) per evidenziare un comportamento gradito e la punizione (corporale o psicologica) per far capire al cane che quel comportamento è sgradito.

Questo training porta ad una standardizzazione dei comportamenti, ovvero si creano delle situazioni tipo nelle quali il cane mette in atto dei comportamenti che dovrebbero ripetersi anche in altri ambiti.

Ci sono professionisti che, nonostante usino questo metodo, hanno modalità di intervento estremamente opposte fra loro. Di questa categoria fanno parte anche il metodo coercitivo (che usa quasi esclusivamente punizioni come tecniche) e il metodo gentile (che usa come tecniche solo rinforzi o gratificazioni).

A supporto del metodo tradizionale si pone il behaviorismo, secondo cui la mente e i processi cognitivi non possono essere motivo di studio (la mente viene chiamata infatti scatola nera) e tutto quindi si basa sulle relazioni tra stimolo e risposta. Da qui nasce il condizionamento, ovvero il creare delle risposte usando degli stimoli.

Approccio cognitivo

Approccio cognitivo: l’approccio cognitivo nasce dall’esigenza di colmare le lacune del behaviorismo e considera la mente del cane come un sistema complesso di regole per cui ogni soggetto non risponde ad una richiesta tramite un automatismo.

Non c’è solo il semplice stimolo-risposta, ma una serie di processi mentali che tengono in considerazione sia le dotazioni innate (come ad esempio la razza) sia gli apprendimenti acquisiti durante la vita con le varie esperienze, che rendono il cane protagonista e proprietario di un certo comportamento cosicché ad ogni richiesta non risponde automaticamente con un’azione robotica, ma mette in atto il comportamento che, in quel momento, ritiene più giusto.

Approccio zooantropologico

Approccio zooantropologico: l’approccio zooantropologico nasce dalla necessità di mettere in primo piano la relazione tra uomo e animale individuando le differenze tra le due specie e facendone un punto di forza non di debolezza. Per l’approccio zooantropologico la comunicazione con il cane è un aspetto fondamentale e l’apprendimento avviene per consenso e non per controllo.

L’unione di queste due importanti visioni crea l’approccio cognitivo-zooantropologico.

Nonostante l’approccio cognitivo-zooantropologico utilizzi come tecnica rinforzi positivi (quindi premi per lo più sociali) e punizioni negative (non nel senso sgradevole del termine ma semplicemente togliendo qualcosa che al cane piace, per esempio la nostra attenzione, quando fa qualcosa di non conveniente), si differenzia dagli altri proprio per l’importanza che si dà alla relazione e non al rapporto, alla comunicazione e non all’informazione, alle motivazioni non solo di razza ma dell’individuo, alle emozioni e al rispetto dell’altro come parte integrante di un binomio dove non c’è chi è più importante dell’altro.

Detto questo pare ovvio che sia indispensabile educare un cane per il suo sviluppo e il suo benessere, come è importante addestrarlo rispettando le sue predisposizioni ed i suoi talenti.

L’importante è scegliere l’approccio più rispettoso del suo benessere psicofisico e, di conseguenza, il metodo più in linea con le sue predisposizioni.

Luca Nigro

Educatore Cinofilo con approccio cognitivo-zooantropologico SIUA. Referee, Docente e Tutor in Puglia per SIUA. Fondatore della pagina DISAGIO CINOFILO

Luca Nigro ha 2 articoli e più. Guarda tutti gli articoli di Luca Nigro